Fonseca, la difesa d'ufficio: «Non ho la rosa da Champions». E i Friedkin valutano la sua posizione

 «Il nostro obiettivo per questa stagione è migliorarci. Essendo arrivati quinti, migliorare vuol dire arrivare quarti. Abbiamo questa ambizione e io ho fiducia...

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 «Il nostro obiettivo per questa stagione è migliorarci. Essendo arrivati quinti, migliorare vuol dire arrivare quarti. Abbiamo questa ambizione e io ho fiducia in questa squadra». Firmato Paulo Fonseca. Parole pronunciate ad inizio stagione, quando il tecnico era già a conoscenza del grave infortunio di Zaniolo. Ne è dimostrazione il fatto che il refrain è durato sino a gennaio. Ieri l’inversione ad U. Inattesa e pericolosa mancando ancora la gara di ritorno di Europa League contro il Manchester United e 4 partite di campionato, tra cui il derby: «A Sky a inizio anno fecero una previsione e diedero la Roma settima... Non abbiamo avuto Zaniolo per tutta la stagione, Smalling in momenti importanti. Con tutti i calciatori a disposizione potevamo fare di più». Siamo arrivati al redde rationem. O se preferite, allo scarica barile. Il portoghese fa un passo indietro. E per provare a salvare il suo lavoro prende le distanze da una squadra che non sente più sua. Il problema è che oltre al settimo posto (da conservare), ci sarebbero da spiegare due campionati durati trenta giornate anziché 38, gli appena 4 punti in stagione negli scontri diretti (senza vincerne uno), i 101 gol subiti in 2 anni, i 115 infortuni (l’ultimo della lista è Villar, uscito ieri toccandosi il flessore), la doppia eliminazione in coppa Italia (la seconda contro lo Spezia B), la brutta figura delle 6 sostituzioni, i 6 gol subiti giovedì a Manchester, la partita mai nata con il Siviglia. Paulo, però, ormai non risponde più. O meglio, nelle risposte ripete costantemente gli stessi concetti.

 

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Uguali e scontati come la Roma degli ultimi due mesi, sempre più svuotata e in caduta libera. A tal punto che in queste ore i Friedkin rivaluteranno la sua posizione. Nel frattempo, dopo l’ennesima brutta figura rimediata, il tecnico esordisce dialetticamente parlando di un «buon primo tempo disputato. Poi abbiamo preso questo gol verso la fine e non abbiamo avuto la forza di reagire». Le analisi sono lucide. Non c’è però mai un tentativo di spiegare cosa stia accadendo. Dopo le partite non è mai il momento. Alla vigilia di quelle successive, «non bisogna pensare al passato ma concentrarsi su quello che ci attende». E così il portoghese, continua a dribblare i quesiti, inevitabili, che gli vengono posti, rispolverando risposte già ascoltate: «Fino a marzo lottavamo per campionato ed Europa League. Poi abbiamo abbiamo avuto problemi con calciatori importanti difficili da sostituire». Come se le altre squadre non li avessero avuti (Ibrahimovic, Dybala, Osimhen, Mertens, Koulibaly, solo per citarne alcuni). La resa, oltre che in campo, si evince dalle parole: «Non è facile far capire alla squadra che dobbiamo continuare a giocare. Nel primo tempo abbiamo lottato, ma quando sorge un problema è difficile reagire». Ci prova al suo posto Mancini: «Dobbiamo chiedere scusa ai tifosi e stare zitti, cercando di uscire da questo momento per terminare le ultime partite della stagione al meglio. Gli infortuni? È chiaro che le assenze non aiutano ma la posizione in classifica è quella che ci meritiamo. Ripeto, bisogna solo stare zitti». 

 

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Il Messaggero