Il figlio di Paparelli: «Basta insulti a mio padre». Lotito: «Attacchi vergognosi»

Il figlio di Paparelli: «Basta insultare mio padre». Lotito: «Attacchi vergognosi»
«Un razzo in faccia non sparisce». È questa la risposta di pessimo gusto che un utente su Facebook ha rivolto a Gabriele Paparelli, figlio di Vincenzo,...

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«Un razzo in faccia non sparisce». È questa la risposta di pessimo gusto che un utente su Facebook ha rivolto a Gabriele Paparelli, figlio di Vincenzo, tifoso della Lazio ucciso il 28 ottobre del 1979 da un razzo sparato dalla Curva Sud romanista prima di un derby.

Inevitabile la rabbia del figlio, che ha prima ripostato il commento sul suo profilo Facebook e poi ha rincarato la dose in uno sfogo su Radio Incontro Olympia: «Adesso basta, non ne posso più, mi sta ribollendo il sangue. Voglio vivere la morte di mio padre, il mio lutto, in pace con la mia famiglia. Ero tanto felice per il derby vinto dalla Lazio, ma ho dovuto assistere all'ennesima scritta, all'ennesimo post infamante nei confronti di mio padre. Ho tanta rabbia, che delusione. Sono 40 anni che giro con la bomboletta in macchina per cancellare scritte su razzi e cose come "dieci, cento, mille Paparelli". Ho querelato migliaia di persone, denunce che non hanno avuto seguito. A questo punto gradirei che intervenisse la Roma, che mi invitasse a parlare, che faccia un appello ufficiale, un comunicato. Basta, non tollero più nulla. Sono arrabbiato, ma anche deluso. I morti vanno lasciati in pace».

Un appello che ha subito accolto il presidente della Lazio Claudio Lotito: «Voglio esprimere la mia più totale e incondizionata solidarietà a Gabriele Paparelli, ancora una volta vittima di vergognosi attacchi alla memoria del papà Vincenzo. Credo sia arrivato il momento, una volta per tutte, di dire basta a queste strumentalizzazioni e di farlo a voce alta, senza tentennamenti. E penso di interpretare lo stato d'animo e il sentimento di chiunque si fosse trovato in una situazione come quella accaduta 41 anni fa, che non ha alcuna giustificazione sportiva né, tantomeno, può essere interpretata come espressione di qualsivoglia tifoseria».

«Vincenzo Paparelli - continua Lotito - era un tifoso della Lazio, ma era soprattutto un padre e un marito. Un uomo normale strappato alla vita da un gesto folle, una domenica di ottobre del 79, allo Stadio Olimpico. Il derby di Roma è tra i più belli al mondo, è colore, rivalità e sana competizione nel rispetto delle regole e dei valori sportivi. Per questo non può e non deve trasformarsi in tragedia e neppure nella speculazione su di essa. Prima di tutto va preservato il rispetto dell'essere umano e neanche la peggiore offesa può rappresentare un alibi per umiliare la memoria di una persona. Faccio appello a tutti i tifosi affinché queste ragioni si affermino - ancora di più oggi nel drammatico momento che stiamo vivendo - sempre, in ogni momento e al di là di ogni fede sportiva, per rappresentare un esempio che prevalga su qualsiasi tentativo di mortificare il vivere civile e il buon senso. È tempo di parole chiare, di condanne nette e di prese di posizione responsabili». 

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Il Messaggero