F1, GP d'Italia: Imola va contro Monza

Ecclestone
LA DISPUTA ROMA...

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LA DISPUTA

ROMA Imola contro Monza. E Bernie Ecclestone si frega le mani, ormai certo che qualcuno comunque pagherà per il prossimi anni i 25 milioni di euro richiesti per continuare a disputare il GP d'Italia di F1. L'ultimo atto della disputa ieri con un comunicato emesso da Formula Imola, la società che gestisce il circuito emiliano: «Abbiamo presentato un ricorso al Tar del Lazio contro la Federazione sportiva automobilistica italiana - Aci, per l'impugnazione del provvedimento con il quale Aci ha negato a Formula Imola l'utilizzo della titolazione Gran Premio d'Italia nonché l'accesso ai fondi che, con la Legge di Stabilità, sono stati destinati all'organizzazione del Gran Premio d'Italia di Formula 1, nel rispetto degli indirizzi di politica comunitaria, affinché gli stessi possano essere utilizzati anche per organizzare il Gran Premio d'Italia di Formula 1 presso l'Autodromo Internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola». Secondo la stessa società, sarebbe già stato firmato un contratto con la Fom di Ecclestone per i prossimi 5 anni, fino al 2021. Il finanziamento concesso dall'Aci è di 12,5 milioni. L'inserimento nella trattativa con il boss inglese da parte di Imola è avvenuto a seguito delle difficoltà incontrate da Monza per arrivare a pagare 25 milioni a partire dal 2017, dopo la regolare effettuazione del GP quest'anno. Ma proprio nei giorni scorsi Ivan Capelli, presidente della Aci Milano aveva fatto sapere che la proposta di contratto verrà formalizzata in settimana. «La cifra richiesta - ha detto - è stata raccolta da noi, dalla Regione Lombardia, e dai Comuni di Milano e Monza, per completare la somma a messa a disposizione dell'Aci». Dichiarazione confermata dalle parole di Giovanni Malagò, presidente del Coni: «Monza? Mi risulta che a breve ci sarà un'offerta e che comunque l'intendimento dell'Aci, che è il depositario sportivo di questa trattativa, vuole assolutamente Monza e non mi risulta che ci siano altre soluzioni fattibili».
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Il Messaggero