Roma, Dzeko torna all'attacco, con il Braga tocca a lui: il destino di un campione costretto a rimettersi in gioco

Roma, Dzeko torna all'attacco, con il Braga tocca a lui: il destino di un campione costretto a rimettersi in gioco
L’occasione per mettersi in mostra. Strano, ma vero: stiamo parlando di Edin Dzeko, terzo marcatore della storia della Roma (dopo Totti e Pruzzo), con 114 reti (27 delle...

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L’occasione per mettersi in mostra. Strano, ma vero: stiamo parlando di Edin Dzeko, terzo marcatore della storia della Roma (dopo Totti e Pruzzo), con 114 reti (27 delle quali in Europa, 15 in Champions 12 in Europa League). Eppure Edin, che non segna da Roma-Samp, 3 gennaio scorso - deve mettersi in mostra, domani contro il Braga (in Portogallo) andata dei sedicesimi di finale di Europa League, se vuole riconquistare il posto da titolare, perso dopo la brutta lite con Fonseca dopo Roma-Spezia di Coppa Italia. Dzeko è finito in panchina, prima ancora in tribuna e a fine anno finirà (probabilmente) altrove. La situazione si è cristallizzata ma non è stata risolta definitivamente, perché certe questioni sono difficili da mettere a posto. E’ chiaro, il compromesso aiuta tutti, la stagione proseguirà all’insegna dei rapporti professionali: l’allenatore decide, il giocatore esegue. E fino a ora Edin ha eseguito senza problemi: gli è stata tolta la fascia, in campionato è rimasto in tribuna con lo Spezia e con il Verona (ufficialmente infortunato), è andato in panchina contro la Juve e lo stesso ha fatto con l’Udinese, giocando 27 minuti a Torino e 22 contro i friulani. Ha voglia e bisogno di giocare, di risentirsi al centro di tutto: l’Europa League è l’inizio, un nuovo inizio. Contro il Braga ci sarà, a meno di clamorosi dietrofront, sul discorso fascia non ci sono certezze. «E’ una possibilità», ha detto Fonseca. Al momento resta sul braccio di Pellegrini o Cristante. 


LA STORIA

Dzeko sa che il suo rapporto con la Roma è difficilmente recuperabile. Con il City si è lasciato male e con qualche allenatore, problemi ne ha avuti, tranne con Magath che lo prese dalla Repubblica Ceca e lo portò a Wolfsburg, facendolo giocare sempre titolare. Diversa la storia in Premier: Edin era (è), come tutti, allergico alla panchina. Con Roberto Mancini andava d’accordo, non ci sono state grosse liti, lo stesso tecnico però denunciava i suoi mugugni. Una lamentela plateale (poi chiese scusa) al momento di una sostituzione in Champions durante Bayern Monaco-City. Con Manuel Pellegrini invece non aveva un grande feeling, tanto che alla fine chiese di andare via. Cosa che gli è successa anche a Roma, più volte. Nella Capitale, Fonseca a parte, non andava d’accordo con Spalletti, si ricorderà la sfuriata dopo la mal digerita sostituzione di Pescara. Poi, Lucio, al suo primo anno, non lo vedeva come titolare e gli preferiva il falso nove Perotti. Tanto che, a fine stagione, Edin stava per fare le valigie. Un gesto ripetuto più volte: con Di Francesco (stava per andare al Chelsea), poi con Fonseca due volte, in una si era promesso all’Inter (dopo che la Roma gli aveva comunicato che non gli avrebbe rinnovato il contratto) e la scorsa estate alla Juve, quando doveva arrivare Milik in giallorosso. Dzeko è legato a Roma (la moglie Amra non andrebbe mai via), ma dopo tutte queste situazioni al limite anche lui non ce la fa più. Se ne riparlerà. Ma ora c’è l’Europa League e Dzeko ha il dovere di comportarsi da professionista. Per tornare a giocare le grandi partite anche in campionato: tra quindici giorni c’è Roma-Milan. Il futuro è adesso. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero