Edin Dzeko, l'arte del gol scoperta sotto le bombe di Sarajevo

Edin Dzeko, l'arte del gol scoperta sotto le bombe di Sarajevo
Edin è un figlio della guerra, come Pjanic, scappato in Lussemburgo con la sua famiglia; Dzeko è di Sarajevo e lì è rimasto, cresciuto in mezzo alle bombe. Ora è un idolo in...

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Edin è un figlio della guerra, come Pjanic, scappato in Lussemburgo con la sua famiglia; Dzeko è di Sarajevo e lì è rimasto, cresciuto in mezzo alle bombe. Ora è un idolo in Bosnia e la Bosnia è il suo orgoglio. Della nazionale è il capitano. «Porterò con me tutti quegli amici, anche quelli che non ci sono più. Guardandomi indietro ho due scelte: pensare di aver buttato via anni di gioia e spensieratezza, quelli che sono dovuti ai bambini e ai ragazzi, oppure pensare che quello che è successo mi ha reso più forte. Ho scelto la seconda strada», le parole di Edin (foto Ansa) prima dell'ultimo mondiale. Il bambino che si è costruito un sogno e lo ha realizzato. Ed ora, appunto, è più forte. Giocava per strada, ora vive nell'oro e sta per raggiungere il suo amico Pjanic nella Roma. L'Italia, il calcio che ha giudicato negativamente fino a qualche tempo fa, sta per diventare il suo. Un calcio scandaloso e contradditorio, non per il Dzeko di due anni fa. Ma Edin ha cambiato orizzonte: ha scelto da tempo di venire a giocare da noi. A segnare come ha sempre fatto. A 23 anni, da tesserato del Wolfsburg, è stato il miglior cannoniere d'Europa. Da lì il corteggiamento di tanti club stranieri, ma alla fine l'ha spuntata il City nel 2011. Che l'ha pagato 35 milioni. Una buona plusvalenza, termine molto caro dalle nostre parti, per i tedeschi, che lo avevano prelevato dal Tepice per 4 milioni di euro (al Zeljeznicar Sarajevo, sua prima squadra era costato, addirittura 400 mila euro). Alto 193 centimetri, ma il suo pezzo forte non è il gioco aereo, si distingue anche con la palla a terra. In Germania veniva accostato a Toni, quando giocava nel Bayern.

Ecco, la capacità realizzativa è quella, ma Edin forse ha qualcosa in più nella corsa e nel giocare anche fuori dall'area. Con il City, in quattro anni e mezzo, si è fermato a 189 presenze e 72 gol complessivi, 15 di questi nelle coppe europee, 50 in Premier. Ha vinto in Germania (un titolo nazionale), in Inghilterra (1 coppa di Lega, 1 Comunity Shield e 1 Coppa d'Inghilterra più due Premier). Nell'ultimo periodo ha pagato la moda del calcio senza centravanti: ha giocato e segnato poco. Da lì, la voglia di emigrare. E l'Italia, per lui, diventa bella. E forse, con lui, la Roma.
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Il Messaggero