Ciclismo contro doping: una delle battaglie più lunghe e “sanguinose” che siano state combattute nel mondo dello sport. Ma proprio nel periodo in cui i fenomeni...
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I FATTI
In sostanza tramite un bot - un programma che simula l’operato umano - è riuscito a ottenere delle attrezzature speciali che gli hanno permesso di essere imprendibile. Il meccanismo della piattaforma Zwift, quella utilizzata per la gara, è semplice: ci si allena e si gareggia con dei simulatori che richiedono una pedalata reale. Più ti alleni e più gareggi e più accumuli punteggi che permettono, via via, di sbloccare materiali extra, dalle biciclette superleggere alle ruote più performanti. Il bot, dunque, simulando l’azione di Jeffers gli ha permesso di sbloccare attrezzature molto più “care” di quelle che avrebbe ottenuto con le ore effettivamente trascorse al simulatore. E così il Cameron virtuale si è presentato in gara con la superbici e ha vinto. Ma l’occhio dell’antidoping digitale si è dimostrato più attento di quello reale, pizzicando subito l’imbroglione e togliendogli la vittoria. Jeffers ha subito ammesso l’errore e, come la generazione impone, si è scusato con video su YouTube. La linea difensiva: l’uso di quel bot è stato vietato solo di recente e lui lo aveva utilizzato in precedenza. Cameron ora però incrocia le dita in attesa che l’Uci annunci la data ufficiale per il 2020 del suo primo Mondiale per piattaforma Zwift. Se dovesse cadere nel periodo della squalifica, il conto pagato da Jeffers per l’imbroglio sarebbe ancora più salato.
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Il Messaggero