Da Tramvieri a Palmieri, l'evoluzione della fascia

Da Tramvieri a Palmieri, l'evoluzione della fascia
Da Emerson Tramvieri (cit.) a Emerson Palmieri, un viaggio lungo e doloroso. Settimane, anzi mesi di continui esami, con promozioni e bocciature ad intermittenza costante. Sempre,...

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Da Emerson Tramvieri (cit.) a Emerson Palmieri, un viaggio lungo e doloroso. Settimane, anzi mesi di continui esami, con promozioni e bocciature ad intermittenza costante. Sempre, però, con l'affettuosa supervisione del professor Luciano Spalletti, uno pronto - usando tanto bastone e pure tanta carota - a giocarsi la carriera scommettendo sulle qualità del giovane brasiliano. Capace, come accaduto contro il Porto di farsi cacciare stupidamente dal campo (e a seguire per parecchio tempo fuori pure dalla squadra titolare...), e anche di confezionare un gol, bello e (im)possibile, come quello di Villarreal.

 Quando un mancino segna con il destro, entrando all'interno del campo dalla fascia per chiudere il tiro in diagonale, ti assale fatalmente il dubbio che il gesto sia stato accompagnato da un pizzico di casualità. Non abbiamo certezze, nè le andiamo cercando, che Emerson Palmieri (sì, Palmieri...) sia stato aiutato dalla dea bendata per spedire in quel modo quel pallone alle spalle di quel portiere. Di certo, il pupillo dell'ex ds Sabatini ha disegnato una traiettoria tanto bella quanto perfida. Che, voluta o trovata non importa, ha regalato alla Roma il vantaggio in uno stadio più ammutolito che abbacchiato.
LA SCOSSA
Aveva bisogno, la Roma, di una botta di adrenalina; aveva bisogno di sentirsi forte anche lontano dalla Capitale. Anzi, lontano dall'Italia. E Emerson Palmieri con il primo centro della stagione è riuscito a dargliela, regalando alla squadra maggiore convinzione e autostima. Basta poco, si sa, per svoltare una partita, una trasferta, una qualificazione. Basta, a volte, trovare qualcosa che non ti aspetti e che, proprio per questo, ti regala emozioni forti e sconosciute. Come quelle che ha garantito Dzeko nel momento del bisogno, cioè quando serviva un segnale forte per se stessi e per gli avversari. E ci viene voglia di pensare, o forse di sognare, che il poker spagnolo sia nato proprio da quel destro del brasiliano mancino.

P.S. Tre saluti a quelli del gruppo Edin Dzeko è un pippone. Dai, non fate così, fatevi una risata che rosicare fa male... Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero