Roma, Spalletti abbandonato: Pallotta è lontano e Sabatini pensa alle dimissioni

Roma, Spalletti abbandonato: Pallotta è lontano e Sabatini pensa alle dimissioni
Solo lì, dentro il rettangolo di gioco, bisogna seminare per il futuro della Roma. Che poi è il presente. Cioè aggiustare la stagione iniziata con...

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Solo lì, dentro il rettangolo di gioco, bisogna seminare per il futuro della Roma. Che poi è il presente. Cioè aggiustare la stagione iniziata con l'eliminazione dolorosa nel playoff di Champions e proseguita con il cammino incerto in campionato. L'intervento di Spalletti, pronto a intensificare il lavoro tattico, è quindi mirato. Chiamiamolo ripasso o aggiornamento. Se vogliamo, azzeramento. Per tornare a essere squadra. C'è, però, da rivedere pure altro, fuori campo. Chiamando in causa la proprietà Usa, il management italiano e lo stesso allenatore. Non è che abbiano una visione differente del flop. Non c'è però coesione e forse è peggio. Perché ultimamente è come se ognuno recitasse in proprio e per il bene di se stesso, mai per quello del gruppo. Se nel coro ognuno va per conto suo, in partita è facile steccare. Non basta dire, come ha fatto ieri l'allenatore con i giocatori: «Ricordatevi il nome del club che avete scritto sulla maglia». Vanno, invece, prese di petto, con serietà e umiltà, altre questioni. Che sono state sottovalutate o abilmente coperte. Ma che adesso sono diventate prioritarie.

 
FUORI CONTROLLO

La Roma crolla in casa del Torino, perdendo il 3° match in 9 partite stagionali (il 2° in campionato). Spalletti, però, si ritrova da solo a Trigoria. Non va bene. Perché il tecnico e i giocatori devono essere sempre al centro dell'attenzione della proprietà, soprattutto quando mancano i risultati. Pallotta è a Londra. E nella City lo hanno raggiunto il nuovo ad Gandini e il dg Baldissoni. Qui è rimasto Sabatini, ds dimissionario dall'inizio del 2016 e, come ha spiegato domenica pomeriggio, pronto a farsi subito da parte. Assente, dunque, la società che, perseverando nell'errore, non dedica tempo al confronto con i giocatori, lasciando all'allenatore responsabilità che non dovrebbe avere. I pieni poteri al toscano non sono in discussione, ma devono riguardare solo la sfera tecnica. Il club, fuori e dentro lo spogliatoio, deve far sentire la sua presenza. A volte anche ingombrante.

COMUNICAZIONE DIFETTOSA
Spesso, in pubblico, si parla a vanvera e con spocchia. Nel bene e nel male, l'elenco è infinito. Elogi smisurati (sul valore dei calciatori e sui programmi della società) e accuse esagerate (ultima quella dei giocatori con «menti un po' malate»). Manca, al momento di comunicare, l'equilibrio che la squadra ha perso pure in campo. Spalletti, come ha precisato nella conferenza stampa dopo il 3 a 1 di domenica a Torino, ha addirittura evidenziato l'eccessiva presunzione. Che, per dirla tutta, non appartiene solo ai calciatori. Ma anche a chi li ha scelti e a chi li mette in campo.

MEZZA SQUADRA

La rosa, come sa bene l'allenatore, è stata costruita senza logica. E i soldi investiti sul mercato sono stati spesi male. Addirittura 24,5 milioni vanno in panchina. E restano lì: Alisson e Gerson. La Roma di oggi, limitata in ogni mossa dal Financial Fair Play, non se lo può permettere. Perché poi non esiste l'alternativa a Nainggolan che va in campo, da qualche gara, con un polpaccio fuori uso. Deve giocare e anche sentire che non ha voglia di farlo (prendersela con i giocatori è mediaticamente utilissimo). Non c'è nemmeno la fotocopia di Strootman. A centrocampo l'unico ricambio è Paredes. Ma gioca solo nel ruolo di De Rossi. Ci sarebbe Florenzi. Che, con Ruediger e Mario Rui convalescenti, resta però dietro a fare il terzino. In difesa Juan Jesus è stato per il momento accantonato. Vermaelen, invece, è fermo per la pubalgia. L'emergenza penalizza Spalletti almeno quanto l'organico chiaramente incompleto. L'allenatore avrebbe voluto un centrocampista e un centravanti in più. E, per fare il turn over, spesso cambia il sistema di gioco o il ruolo a qualche giocatore. La squadra, però, ne risente. Ha bisogno di una traccia da imparare a memoria. Come nel girone di ritorno del campionato scorso, con il toscano sicuramente più sereno e lucido in panchina: 14 vittorie, 4 pareggi e 1 sconfitta. E 47 gol in 19 gare, pure lasciando fuori Dzeko. Soluzione che può essere riproposta per uscire dal tunnel. Magari già giovedì in Europa League contro l'Astra Giurgiu.
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Il Messaggero