La Federazione ha deciso di metterci un punto, sperando si possa andare a capo il prima possibile. La Serie A di pallacanestro finisce qui, travolta dall’immobilità...
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LA SITUAZIONE
Il punto di vista federale è estremamente realista. Troppi gli ostacoli, alcuni insormontabili, a un’eventuale ripartenza. A cominciare dai tempi dell’emergenza sanitaria, cui è ancora impossibile dare una fine. Inoltre più di 50 giocatori stranieri hanno lasciato l’Italia, il che - tra rientri e quarantene - complicherebbe ulteriormente i calendari o falserebbe del tutto, in caso di mancato ritorno, la disputa delle partite mancanti. Infine giocare a porte chiuse («Senza pubblico non è basket», dice Petrucci) priva i club degli incassi e, dunque, li obbliga a giocare “in perdita”, in un contesto già fortemente segnato dalle difficoltà delle ultime settimane. «È una decisione di buon senso, serena, presa in condivisione totale con la Lega - racconta il presidente della Fip - Era impossibile sperare di riprendere un campionato regolare. Tutto quello che è accaduto, il numero esorbitante di decessi, che peraltro ha colpito maggiormente le zone del basket di Serie A, ha fatto prevalere quel senso etico che tutti dovremmo avere in situazioni come questa».
LO SCENARIO
Il campionato, dunque finisce qui e resta senza vincitore per la terza volta, dopo i titoli revocati a Siena nel 2012 e nel 2013. La Virtus Bologna, che sognava di interrompere il digiuno che dura dal 2001, dovrà rinviare l’assalto al tricolore. Congelate anche le promozioni e le retrocessioni: la Virtus Roma, che allo stop non navigava in acque serene di classifica, potrà mettere a frutto l’esperienza maturata in questa stagione dal gruppo neopromosso. Resta il rebus del format del torneo, quest’anno a 17 squadre e con qualche team che potrebbe autoretrocedersi per difficoltà economiche. «La Lega Basket ha ampi poteri per proporre alla federazione le soluzioni migliori», chiude Petrucci. Il futuro della Serie A comincia così. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero