Fughe di notizie più o meno affidabili ce ne sono state, ma le certezze dovrebbero arrivare oggi, quando i tre organismi che governano il tennis mondiale bloccato fino al...
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US OPEN SI’ O NO?
Tutto gira intorno allo Slam a stelle e strisce (31 agosto-13 settembre), con tre possibili scenari. Il primo prevederebbe che New York, una delle città più colpite dalla pandemia da Covid-19, ospiti nell’impianto di Flushing Meadows sia il combined di Cincinnati (Masters 1000 e Wta Premier sono di proprietà dell’Usta) a partire dal 13 agosto che gli US Open. Si giocherebbe a porte chiuse creando una “bolla sanitaria”: i giocatori dovrebbero risiedere nelle vicinanze, pranzo e cena nell’impianto, indossare mascherine e osservare il distanziamento sociale. Sarebbero inoltre sottoposti a tampone più volte durante il soggiorno e non potrebbero avere più di una persona dello staff al seguito. L’hotel TWA all’aeroporto JFK potrebbe essere chiuso al pubblico. Vietati gli alberghi di Manhattan, dove solitamente alloggiano i giocatori. Un secondo scenario prevederebbe la cancellazione di Cincinnati, mentre una terza opzione, quella più drastica, considererebbe l’annullamento anche degli US Open e la ripresa del circuito direttamente sulla terra rossa europea con Madrid, Roma e Parigi.
I DUBBI DEI TOP PLAYER
Sia la prima che la seconda opzione si scontrano con lo scetticismo di Djokovic, condiviso da Nadal, cui si sono accodati Thiem e Zverev da Belgrado, dove si è giocata la prima tappa dell’Adria Tour in barba al distanziamento sociale e folla sugli spalti, il circuito di esibizioni voluto dal n.1 del mondo. Le perplessità non riguardano il timore di contrarre il virus, come sostenuto ad esempio da Kyrgios, ma le condizioni troppo rigide che l’Usta imporrebbe a Nole e agli altri top player. C’è però chi come Daniel Evans, non ci sta e sottolinea che “in questo momento tutti devono rinunciare a qualcosa”. Grandi stelle comprese, normalmente coccolate da allenatori, fisioterapisti, preparatori atletici, mogli, figli, tate. Visione comprensibile: il britannico, come tanti altri, è stato messo in ginocchio dall’assenza di tornei. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero