Arriva "Come un padre", il docufilm su Mazzone. Ranieri: «Mi disse che senza la Roma non sarei stato un vero allenatore»

L'intervista al tecnico: «All'epoca non esisteva la tecnologia di oggi ma lui era informatissimo. Conosceva tutti i giocatori e le loro debolezze. L'onestà era il suo valore»

Arriva "Come un padre" il docufilm su Mazzone, Ranieri: «Mi disse che senza la Roma, non sarei stato un vero allenatore»
C'è un'inquadratura di alto valore simbolico nel docufilm Come un padre, dedicato a Carlo Mazzone e in uscita su Amazone Prime il 2 novembre: la macchina da presa...

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C'è un'inquadratura di alto valore simbolico nel docufilm Come un padre, dedicato a Carlo Mazzone e in uscita su Amazone Prime il 2 novembre: la macchina da presa inquadra Claudio Ranieri mentre sale i gradini che conducono dagli spogliatoi all'interno dello stadio Olimpico. Un giorno mi disse: «Claudio, tu hai allenato il Valencia, l'Atletico Madrid, il Chelsea. Beh, ricorda: se non salirai quei gradini alla guida della Roma, non potrai dire di aver fatto l'allenatore».

Quei gradini alla fine Ranieri li ha scalati.
«E ripeto quello che racconto nel docufilm: è stato preveggente e lo devo ringraziare. Aveva ragione: quando entri in campo e senti le note della canzone di Venditti, ti sembra di volare».

Ranieri e Mazzone, la Roma di San Saba e di Trastevere che s'incontrano un giorno d'estate nel Catanzaro.
«Eravamo tornati in serie A, per la terza volta in sette stagioni e dopo aver perso lo spareggio-promozione nel 1975. Le due volte precedenti, la squadra era subito retrocessa. Stavolta volevamo farcela a non cadere e il suo arrivo cambiò la storia del club: con lui inaugurammo una serie di cinque salvezze di fila. Mi fece capitano e vivemmo un'annata fantastica: nono posto in campionato e semifinale di Coppa Italia».

Com'era il Mazzone di quel periodo?
«Il Mazzone di sempre: appassionato, competente, maniaco dei dettagli. All'epoca non esistevano i dvd e le televisioni non trasmettevano tutto il calcio che possiamo vedere oggi in poltrona, ma lui era informatissimo. Conosceva tutti i giocatori, punti forti e punti deboli. La domenica, sul campo, ci rendevamo conto che aveva azzeccato tutto».

Il docufilm celebra la grande umanità di Carlo Mazzone, ma nei contributi dei protagonisti emerge anche un'enorme competenza calcistica.
«Mazzone è stato un grandissimo allenatore e il record di panchine in serie A, ben 792, è meritato. Ha allenato in provincia e in città come Roma, Napoli, Firenze e Bologna. Ha plasmato un campione come Totti. Ha protetto ed esaltato gli ultimi anni di carriera di un fuoriclasse come Roberto Baggio. Ebbe l'intuizione di cambiare posizione ad Andrea Pirlo, facendo un enorme regalo al calcio italiano. Si è guadagnato l'ammirazione e il rispetto di Pep Guardiola. La gente del nostro mondo è consapevole della statura del Mazzone allenatore. Ricordo un particolare: i famosi gol su calcio d'angolo di Massimo Palanca. Non erano casuali, ma studiati in allenamento. Lo schema era il pallone a rientrare e io che saltavo di testa per disturbare la visuale del portiere. In settimana provavamo più volte queste situazioni».

«Mazzone è questo: un uomo buono. Voleva sapere tutto di noi: come andavano le cose a casa, i nostri piccoli problemi».

L'umanità di Carletto è stata trasversale: da Brescia a Catanzaro, è entrato nel cuore di tutti.
«Il suo principio fondamentale è stato l'onestà. Un uomo incorruttibile. Trattava tutti allo stesso modo, anche se c'erano piccole sfumature tra giovani e anziani. Le regole erano uguali per tutti, poi, chiaro, con i veterani c'era un rapporto un filino diverso. Ti diceva le cose in faccia, senza giri di parole. Di lui ti fidavi ciecamente: sapevi che era un uomo vero, incapace di mentire o di prendere in giro il prossimo».

Ha dedicato al calcio la vita: sul pezzo fino all'ultimo, a Livorno.
«Aveva una passione feroce. Voleva vincere, ma sempre nel rispetto delle regole. Un uomo pulito».

Un ricordo colpisce nel docufilm, nel passaggio in cui viene ricordata la tragedia di Vittorio Mero, il difensore del Brescia scomparso nel 2002 in un incidente stradale. Mazzone riunì la squadra e fece un breve discorso: Ragazzi, il premio salvezza non cambierà le nostre vite. Noi quest'anno daremo tutto al figlio di Vittorio.

«Mazzone è questo: un uomo buono. Voleva sapere tutto di noi: come andavano le cose a casa, i nostri piccoli problemi».

Ranieri e Mazzone, due romani a Catanzaro. 

«Ci capivamo con uno sguardo. La battuta romana lo aiutava a creare atmosfera nello spogliatoio. Non era solo colore: era una delle sue risorse psicologiche».

Un signore del calcio 

«Vero. Ma soprattutto un signore nella vita».
 

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Il Messaggero