Cassano, il più grande talento sprecato di sempre

Cassano, il più grande talento sprecato di sempre
ROMA Il più grande talento sprecato del calcio italiano degli ultimi venti anni. Ecco chi è Antonio Cassano, specialista in occasioni perse. Uno che pur avendo...

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ROMA Il più grande talento sprecato del calcio italiano degli ultimi venti anni. Ecco chi è Antonio Cassano, specialista in occasioni perse. Uno che pur avendo indossato le maglie di Roma, Milan e Inter, oltre a quella del Real Madrid (e chiediamo venia agli altri club), verrà ricordato non per le sue qualità tecniche, per le sue giocate ma semplicemente (e tristemente) per le sue cassanate. Cioè, i suoi errori, le sue esagerazioni, i suoi colpi di testa senza pallone. Un incompiuto, quindi? No, l'esatto contrario: un calciatore compiutissimo nella sua irrazionale capacità di sfasciare tutto, di non arrivare mai a dama. Ha avuto decine e decine di occasioni per cambiare la sua carriera, portandola verso traguardi meno frivoli, ma non è mai riuscito a non essere Cassano quello della cassanate. Uno convinto di poter dettare legge sul campo in virtù solo del ben di Dio che aveva nei piedi: ha sempre giocato a fare il Cassano divertente e dissacrante ma proprio il personaggio che si è costruito l'ha tradito. L'ha condannato. Al punto che oggi nessuno (o quasi...) crede alla sua versione dei fatti veronesi. E la verità, vedrete, prima o poi verrà a galla. Al punto che già girano incontrollati retroscena, con tanto di insopportabili accuse di essere ciccione rivoltegli dallo staff veronese.

GENIO E SREGOLATEZZA

Uno che annuncia il proprio addio al calcio in terza persona («Dopo averci pensato e riflettuto alla fine ho deciso: Antonio Cassano non giocherà più a calcio») merita la massima comprensione, ne converrete. E, insieme con quella, anche una riflessione: cosa sarebbe stato Antonio se non fosse stato Cassano? Non c'è e non ci sarà mai la controprova, ma è forte il sospetto che chi tanti anni fa coniò lo slogan genio e sregolatezza stava pensando a lui. Se non avesse litigato con quasi tutti gli allenatori, se non avesse discusso con quasi tutti gli arbitri, se non avesse questionato con quasi tutti i suoi presidenti, Cassano - forse - non sarebbe stato lui. Come se le sue qualità tecniche fuori dal normale siano state direttamente collegate con la sua incapacità di essere normale. Con lui è sempre stato così: prendere o lasciare. Alla fine, dopo aver preso e perso tanto, ha lasciato. Senza lasciare, per colpe sue, particolari rimpianti.
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Il Messaggero