Carolina, condanna per troppo amore «Niente doping, ha protetto Schwazer»

Carolina Kostner
ROMA Carolina Kostner ha detto una bugia ma lo ha fatto per amore. Nessun caso di doping, sia chiaro, per lei, solo una questione di regole. I giudici della seconda sezione del...

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ROMA Carolina Kostner ha detto una bugia ma lo ha fatto per amore. Nessun caso di doping, sia chiaro, per lei, solo una questione di regole. I giudici della seconda sezione del TNA hanno depositato le motivazioni della decisone che ha visto la pattinatrice azzurra squalificata per un anno e quattro mesi. Lo stop è arrivato perché, si legge nelle 55 pagine delle motivazioni, ha consapevolmente mentito all'incaricato del prelievo quando si è presentato a casa sua, a Oberstdorf, in Germania, il 30 luglio del 2012 per cercare Alex Schwazer, allora suo fidanzato. Quell'aiuto, ossia l'aver negato la presenza del marciatore, secondo le regole della Wada è equiparato alla violazione delle norme antidoping.




L'articolo è il 2.9. Certo, non si può dire che la Koster abbia fatto ricorso a sostanze proibite: c'è solo la stessa entità di squalifica per chi si dopa e per chi aiuta all'elusione di un controllo. Una colpa grave, certo, anche perché quel controllo era a sorpresa, fuori dalle competizioni, e, quindi, più efficace. I giudici hanno dato delle attenuanti alla Kostner. Prima di tutto, l'aver esaudito la richiesta di Schwazer, persona che amava, che le ha chiesto di negare all'ispettore della Wada la sua presenza. Poi la fretta nel dover rispondere e questo dimostrerebbe che non vi sia stata premeditazione.



noltre, la stessa azzurra si è subito attivata chiedendo ad Alex di tornare a casa per effettuare il controllo. Lei ha sempre affermato di non sapere che il suo fidanzato utilizzasse pratiche proibite e non ci sono prove per dimostrare il contrario. Si potrebbe obiettare, ma qui siamo solo nel campo delle ipotesi non in quello delle leggi, che Schwazer sia tornato a casa sua, a Racines, dove quella stessa sera è stato controllato e trovato positivo all'Epo, sicuro di farla franca perché le microdosi che presumibilmente utilizzava il marciatore non lasciavano traccia dopo un certo numero di ore. E a sera quel tempo era abbondantemente trascorso. Qualcosa, però, non ha funzionato, proprio come accadde con Ben Johnson a Seul quando venne trovato positivo allo stanozololo solo perché il suo massaggiatore sostituì un prodotto che aveva terminato con uno simile.



Non ci sono prove che Carolina sapesse che Schwazer era dedito al doping, e per questo è stata assolta dall'accusa di non avere denunciato Alex per le frequentazioni del dottor Michele Ferrari e per l'uso di sostanza dopanti. Per questo la sua squalificata è stata di un anno e quattro mesi invece di due anni come prevede la regola Wada. Carolina non ci sta e non avrebbe accettato neppure un giorno di squalifica.



Adesso è sua intenzione rivolgersi al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna per essere scagionata. Al Tas possono rivolgersi anche la Procura Antidoping del Coni - che aveva chiesto una condanna superiore - e la Wada. Carolina cerca giustizia, è nella sua libertà, ma le regole sono chiare. Che ci sia, come è stato, attenuazione e comprensione per il suo rapporto con Schwazer sulla vicenda gestita anche in fretta va bene, ma il comportamento rimane e lei da campionessa internazionale le regole le conosceva. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero