Il re è ancora lui. Con il tempo di 9''79, comunque ben lontano dal record del mondo di 9''58 in suo possesso, Usain Bolt vince la medaglia d'oro nella...
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Le ansie di Gatlin, quindi la paura di vincere, sommata a quella di perdere: la prima che dura 80 metri, la seconda che subentra e manda tutto all'aria, nei metri finali. È lì, la chiave di lettura di questa finale, avvincente più per l'attesa creata che per valori tecnici espressi. Gatlin che scappa, e accumula vantaggio; Bolt che costruisce la gara aspettando la fase lanciata, il momento più favorevole alle sue lunghe leve; Gatlin che percepisce la rimonta dell'avversario, e cerca un traguardo che in realtà è ancora lontano. Troppo, per cominciare a proiettare il petto in avanti.
Così Bolt ce la fa, è l'eroe che si conferma (terzo titolo, non consecutivo, dopo quelli di Berlino e Mosca), e fa scattare la festa. Niente lampo o gesto dell'arciere, per celebrare, o almeno, non prima di alcuni minuti, perchè questo Bolt è diverso da quello olimpico del 2008, e sembra voler prendere le distanze anche dalla sua immagine, per tornare a scintillare. Arrivederci a Rio de Janeiro, tra un anno, per quella che sarà probabilmente l'ultima puntata, oltre che la rivincita.
Intanto la nuova icona della Giamaica diventa l'atleta più medagliato nella storia dei Mondiali, con ben undici podi (di cui nove ori) distribuiti sull'asse Osaka, Berlino, Daegu, Mosca e Pechino.
«Questa vittoria per me significa moltissimo perchè ho lottato per tutta la stagione, e ci ho messo molto a fare in modo che le cose funzionassero di nuovo». Questo il suo primo commento. «È stato un anno di alti e bassi, ma ora è tutto Ok». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero