Barcellona, ricetta all'antica: Messi più Suarez per ritrovare la vittoria in Champions

Barcellona, ritorno all'antico: Messi più Suarez per ritrovare la vittoria in Champions
Da qualche parte bisogna pur ricominciare, in fondo, quando si è ormai persa la strada, e la speranza è una bella poesia da raccontarsi ogni mattina. Così,...

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Da qualche parte bisogna pur ricominciare, in fondo, quando si è ormai persa la strada, e la speranza è una bella poesia da raccontarsi ogni mattina. Così, l'altra sera, il Barcellona si è riallineato al sentiero della propria natura, sfruttando i giochi da tavola che da tempo aveva riposto in cantina. Del resto non vinceva una partita di Champions League da cinque mesi e un giorno – dallo scorso primo maggio – vale a dire dalla notte del successo (solo illusorio...) conquistato contro il Liverpool nella semifinale di andata.


Grazie ai gol di Leo Messi e Suarez, regalò un sorriso indimenticabile ai propri tifosi. E, proprio danzando sulle punte di Messi e Suarez, martedì sera ha riannodato il filo europeo. Contro l'Inter, l'uruguaiano ha timbrato la doppietta capace di capovolgere lo squillo di Lautaro Martinez, mentre Leo ha deliziato gli spettatori illuminando il gioco del Camp Nou e, soprattutto, servendo l'assist decisivo in coda a un'accelerazione stratosferica.

L'immagine che portiamo via dal secondo turno di Champions è dunque racchiusa nel cerchio disegnato dal Barça di Ernesto Valverde, detto la Formica: per la minuta statura. Facile così è stato dimenticare il passaggio a vuoto in cui sono rotolati i blaugrana all'esordio in Champions contro il Dortmund – peraltro condito da un rigore sbagliato da Reus, anzi, parato da ter Stegen. 

Il Barça, in fondo, in una sera stellata, ha ricordato che pure nel peggiore dei disorientamenti, anche nel più profondo slittamento da sé, è sufficiente poco per ritrovarsi: ripartire dal semplice e dal conosciuto. Leo Messi e Suarez, il Camp Nou, la meraviglia di trame sbarcate nella storia, forse impolverate, sì, ma ormai scivolate sotto la pelle della squadra e nell'occhio del tifo. È come riportare sulla superficie della mente una poesia imparata a memoria tanto tempo prima. Bastano due parole: decollare di nuovo, poi, è un attimo.
Benedetto Saccà Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero