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Una riconferma, spesso, è un obiettivo tutt'altro che scontato da conseguire. Un discorso che vale, soprattutto, nell'anno del Covid, quando la pandemia ha colpito molti atleti e ha costretto la Federazione pugilistica a farsi in quattro per portare a termine gli Assoluti ad Avellino (chiaramente senza pubblico). Alla fine, dopo uno slalom tra positivi e rinvii (le finali si sarebbero dovute disputare a dicembre), sono stati consacrati 19 campioni e campionesse italiane di boxe, nelle rispettive categorie: per i 69 chili l'unico tesserato laziale che si è aggiudicato l'oro è stato Gianluigi "Gigi" Malanga. Una riconferma, si diceva, visto che aveva già vinto il titolo italiano nel 2019 e, ora, puntava a riconfermare quel successo, viste anche le sue ambizioni olimpiche.
LA SCELTA DI POMEZIA
Classe 1999, originario di Bari, ma dall'età di 15 anni pupillo di Simone D'Alessandri, in quella fucina di campioni che è la Phoenix Gym di Pomezia, si è aggiudicato 5 match prima di confermarsi campione italiano. «Ho iniziato questi Assoluti cercando di bissare la vittoria del 2019, non avevo alternative», ammette Malanga, che prima di partecipare al torneo vantava 83 match (58 vittorie, 8 pareggi e 17 sconfitte).
ARGENTO E BRONZO
Ma se Malanga è l'unico campione italiano tesserato per una società laziale, ci sono anche due romani ad essere saliti sul podio, entrambi allenati da Alberto Arcesi nella storica palestra, in Prati. Nella categoria dei 75 chili, sconfitto in finale da Salvatore Cavallaro, ecco Mario Manfredi: 21 anni, del quartieri Prati, guanto d'oro nel 2019 e vice campione universitario nel 2019 (dove perse con il carabiniere Francesco Faraoni). Nella categoria degli 81 chili, invece, al terzo posto, Filippo Bruni, del Fleming, anche lui classe 1999, nella Nazionale Under 22. Una menzione anche per lo Youth Danilo Mosconi, del gruppo giovanile delle Fiamme Oro: per lui un bronzo nella categoria dei 56 chili. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero