Micki tuttofare, il gol segnato è un dettaglio

Henrikh Mkhitaryan
«E’ arrivato l’armeno che va come un treno», cantava la gente con una Lupa tatuata sul cuore avvicinandosi all’Olimpico. Oppure, a voce più o...

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«E’ arrivato l’armeno che va come un treno», cantava la gente con una Lupa tatuata sul cuore avvicinandosi all’Olimpico. Oppure, a voce più o meno bassa: «Armeno uno bravo lo abbiamo preso». L’approdo nella Capitale di Henrikh Mkhitaryan, detto Micki, non è passato inosservato. E ci mancava pure che qualcuno snobbasse la calata in Italia di un artista con il suo talento pallonaro. Ecco perché c’era grande curiosità per vederlo in azione contro il Sassuolo. Bilancio? Basta dare un’occhiata al risultato, al tabellino dei marcatori e ai numeri del suo debutto per lasciarsi andare ad un applauso. Un impatto violento, ma dolcissimo. Micki piazzato sulla sinistra, tra Dzeko e Kolarov, e partita chiusa dopo poco più di mezzora. Roma dominante, come ama ricordare Paulo Fonseca, prima degli errori sotto porta, dei pali e delle amnesie della ripresa.

MURO FRANCESE
S’era sperato durante la lunga sosta che alla ripresa del campionato si potesse vedere un’altra Roma in virtù degli innesti degli ultimissimi arrivati, Micki su tutti. Non solo lui, però: Veretout anche, aspettando Smalling. Tenace e spigoloso, il francese, nella sua opera di contenimento. Ebbene, la partita contro il Sassuolo ha confermato che quella vista fino al derby non era, poteva essere la vera Roma. Questione di uomini, soprattutto. E pure di gioco. Non può essere stato solo un caso, insomma, che la squadra di Fonseca ieri abbia giocato a pallone in maniera così sciolta e segnato così tanto in poco più di trenta minuti proprio quando ha avuto in campo uno come Micki. Maestro nel fare le cose semplici. O, per meglio dire, uno che sa rendere apparentemente semplice ogni tipo di giocata. Il gol, firmato con un sinistro perfido e letale a pochi centimetri dal corpo di Consigli, rappresenta forse la cosa meno significativa della sua partita. A noi, ad esempio, piace ricordare una copertura difensiva vincente dell’armeno nel primo tempo su Berardi, con la Roma in 10 per la momentanea assenza di Kolarov. Una giocata da “universal man”, tanto per spiegarci.

E non necessariamente di maniera sono apparsi gli abbracci che i compagni hanno regalato a Micki dopo il gol e, al fischio finale, pure a Veretout. Questo perché loro, i calciatori, sanno alla perfezione se e quando arriva un nuovo compagno con una marcia in più. Sa, la Roma, che con Veretout la Roma è più tosta e che con Micki è aumentato il tasso di qualità e di esperienza. Ora, però, serve registrare meglio la difesa. Smalling, dove sei? Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero