Appartiene alla nicchia dei tecnici stranieri in serie A, appena quattro su 20, ed è l'unico non italiano fra le "big". Ha il ciuffo nero fluente e la parlata...
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Il calcio che propone è offensivo, si basa sull'idea di dominio del campo e dell'avversario con un pressing alto e continuo. Una filosofia particolare ma, a differenza di tanti suoi predecessori, non si atteggia a "santone". Non pretende di insegnare un gioco che nel nostro paese scorre nelle vene di chiunque dalla nascita. Tutti, appena nati, siamo diventati ct della Nazionale. E' automatico, quasi come la quota di debito pubblico.
Oggi in conferenza stampa pre-Atalanta Fonseca ha ammesso «Sì, mi sono italianizzato, perché il vostro calcio è veramente differente». Frasi di una straordinaria semplicità da sembrare sconvolgente. Pensiero che fra trasparire doti di razionalità e ragionevolezza. Non ci si stupisce, perciò, che sia andato subito a genio a due vecchi marpioni come Dzeko e Kolarov (stranieri) che prima di lui hanno assaggiato la specificità della serie A e le sue trappole.
«Qui c'è attenzione a ogni dettaglio ed è un grave errore pensare di andare in campo sempre alla stessa maniera», ha aggiunto l'allenatore della Roma. Perché poi il concetto è semplice da capire. E' come se Guardiola approdando in Premier League si fosse incaponito nel proporre il tiki taka barcellonista.
Possiamo anche celebrare il campionato con il più alto numero di gol segnati dal 1950/'51, ma poi scorrendo la classifica leggiamo: prima Inter a punteggio pieno; gol segnati 9 (quarto attacco), gol subiti 1 (prima difesa)...E' la serie A bellezza e nessuno, da più di un secolo ormai, ha potuto mai farci niente. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero