Emozionato, gli occhi lucidi e la testa piena di schijuma da barba. Gianluca Rocchi saluta così il calcio italiano, quello della serie A che l'ha visto grande...
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Fatta di 264 partite arbitrate in serie A, un numero che soltanto Concetto Lo Bello è riuscito a superare nella storia del nostro calcio. L'ultma, allo Stadium di Torino, non è stato l'ennesimo esame, ma una passerella, che Rocchi ha percorso con la consueta scioltezza che negli ultimi anni lo hanno portato sul tetto degli arbitri italiani. Juve-Roma, che poteva costargli la carriera (per sua stessa ammissione) stavolta è stata diretta con il sorriso e con il sorriso si è conclusa, tra gli abbraccia dei calciatori e perfino di Fonseca, che Rocchi l'ha appena conosciuto. Dzeko e Chiellini gli hanno regalato una maglia a testa (giallorossa e bianconera, ovviamente) con il numero 20, mentre dirigenti, calciatori e staff tecnici applaudivano e lo commuovevano.
Poi, ci ha pensato Cuadrado a alzare il livello del divertimento, riempiendo di schiuma da barba la testa di Rocchi, come se l'arbitro fosse un compagno di squadra con cui festeggiare lo scudetto. Il suo tricolore, in fondo, Rocchi se l'è preso chiudendo una carriera straordinaria, fatta di momenti top, come quello della scorsa astagione, quando dirsse la finale di Europa League, poi vinta dal Chelsea di Sarri.
Nel suo palmarse manca qualcosa, una finale mondiale o europea in una competizione per Nazionali. L'Europeo 2020 sarebbe stato il suo, se alcune dinamiche interne all'Aia non gli avessero negato il "patentino" da internazionale lo scorso dicembre. Ora, si prenderà una pausa, e bisognerà solo capire quanto sarà lunga (un anno?), perché l'Aia non può fare a meno di Rocchi, così come Rocchi non può fare a meno del mondo arbitrale. D'altronde, come lo stesso Gianluca ha detto, «questa è il mio mondo e vorrei restarci» Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero