Zafón, il timido creatore di fantasmi che aveva sedotto il mondo

Zafón, il timido creatore di fantasmi che aveva sedotto il mondo
Aveva soprannominato “La dragonera” la casa di Los Angeles dove viveva, non lontano dalla mecca del cinema in cui lavorava, continuando a immaginare intrighi,...

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Aveva soprannominato “La dragonera” la casa di Los Angeles dove viveva, non lontano dalla mecca del cinema in cui lavorava, continuando a immaginare intrighi, partorire fantasmi, per la letteratura o per il piccolo schermo. E ne aveva di fantasia, da vendere, Carlos Ruiz Zafón, nato a Barcellona il 25 settembre 1964, teatro privilegiato dei suoi romanzi; diceva di avere anche provato a tornarci, nella città catalana, ma il tentativo non aveva funzionato. Come un altro grande scrittore della sua terra, Ildefonso Falcones, aveva ambientato a Barcellona i suoi libri di successo, a partire da "L’ombra del vento", un thriller ambientato in epoca franchista, che aveva avuto un successo stellare grazie soltanto al passaparola.


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Protagonista del romanzo, e di quelli successivi, il giovane Daniel Sempere, proprietario dell'unico esemplare rimasto (appunto) de "L'ombra del vento" di Julián Carax; un libro che subito lo appassiona e lo mette sulle tracce dell’autore e della sua storia, in una Barcellona decadente e piena di fantasmi, dove piove sempre, in una ricerca che dura un decennio e determina anche il suo passaggio nell’età adulta. «Ho scelto Barcellona perché è la città in cui sono nato e cresciuto - aveva detto Zafón in una intervista a Rita Sala, comparsa nelle pagine del Messaggero - Ma la tratto come materia letteraria, non è una Barcellona reale, è una stilizzazione, un luogo della mente. A me interessano le città in quanto tali, i posti in cui si concentra e vive un gran numero di persone, in cui succedono delle cose. Che poi si tratti della California o di Barcellona, non ha importanza. Vale a dire, cambiano le coordinate, le forme, i personaggi; la materia da raccontare rimane». 

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Da quel primo libro importante di quasi vent’anni fa, altri sono seguiti, a formare la cosiddetta tetralogia del “Cimitero dei libri dimenticati”. "Il gioco dell’angelo" (2008), "Il prigioniero del cielo" (2011) e "Il labirinto degli spiriti" (2016). Le sue opere erano tradotto in oltre quaranta lingue, e venivano lette da milioni di lettori; in Italia i suoi libri sono pubblicati da Mondadori. Soltanto in Italia, "L’ombra del vento" ha venduto più di un milione e mezzo di copie. Anche da noi, si è fatto largo con il passaparola, a dimostrazione del fatto che i libri di qualità si promuovono anche da soli.

Da tempo Zafón combatteva una battaglia contro un tumore, e la sua casa editrice spagnola Planeta, ha avuto parole commosse nell’annunciare la sua perdita: «Oggi è scomparso Carlos Ruiz Zafón, uno dei migliori romanzieri contemporanei. Ti ricorderemo per sempre». Anche la critica, nel corso degli anni,  ha elogiato molto le sue opere; c’è chi lo ha paragonato a Orson Welles; altri hanno scritto che «se qualcuno pensa che il romanzo gotico sia morto nell'Ottocento, cambierà idea leggendo  Zafón». Per lui, il ruolo della letteratura consisteva nello “spiegare il mondo”, consentendo a tutti, anche nelle epoche più difficili, la dose quotidana di evasione, quindi “divertire, far pensare, stimolare le idee, l'immaginazione, la creatività”.


Da quando non è più tra noi, i lettori affascinati dai suoi romanzi sono tutti più poveri. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero