Vinicio Marchioni racconta chi resiste all'Aquila e ad Amatrice nel docufilm “Il terremoto di Vanja”

Ci sono tanta passione, e altrettanto impegno, nel raccontare la provincia italiana devastata dal terremoto nel docufilm Il terremoto di Vanja – Looking for Cechov, diretto...

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Ci sono tanta passione, e altrettanto impegno, nel raccontare la provincia italiana devastata dal terremoto nel docufilm Il terremoto di Vanja – Looking for Cechov, diretto da Vinicio Marchioni. L'attore-regista, porta alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Riflessi, un'opera nata dalla tournèe teatrale dello spettacolo Uno zio Vanja, adattamento dell'opera russa di Anton Cechov. Film che unisce generi, quello del dialogo-racconto tra Marchioni con la voce fuori campo di Toni Servillo (voce di Cechov), del documentario sulla vita degli attori alle prese con le prove dello spettacolo, e del viaggio in Russia, ripercorrendo i luoghi del celebre scrittore, che per Vinicio Marchioni, è divenuto un punto di riferimento artistico, quasi un'ossessione.

 

«E' stato un viaggio in questo autore e attraverso la sua opera volevo riportare l'attenzione dell'opinione pubblica sulle persone che ancora stanno resistando al terremoto dell'Aquila di 10 anni fa o dello sciame sismico del 2016. Come stanno quelle persone, come vivono, che sogni hanno per i loro figli? Queste domande nessuno se le pone più. Durante la tournèe di Zio Vanja per due anni abbiamo fatto le riprese con Pepsy Romanoff (il regista dei video di Vasco Rossi), volevo che lo sguardo fosse a fuoco, profondo, anche doloroso, senza giudicare, come ha fatto Anton Cechov nei suoi lavori» racconta Vinicio Marchioni.

Il terremoto di Vanja si snoda dunque, lungo due anni di riprese nei maggiori teatri italiani, ma anche nelle zone colpite dal sisma di Onna, Poggio Picenze, L’Aquila, nella provincia marchigiana, fino in Russia. Marchioni, insieme al cast di attori tra cui Milena Mancini ed il collega-amico Francesco Montanari, ha portato lo spettacolo nella provincia dei piccoli comuni, cercando di raccontare le crepe fisiche e morali di quei luoghi colpiti dal sisma, offrendo agli spettatori le parole tragi-comiche di Cechov, come alternativa all'immobilità italiana post-terremoto.
 


«Se c'è una crepa è proprio lì che entra un po' di luce, nella speranza che arrivi alle persone che vedranno questo film. E spero che il mio viaggio di cinque anni, possa diventare il viaggio di tutti quanti». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero