Vasco Rossi: «I duetti vanno bene all'asilo. Per beneficenza preferisco aprire il portafogli»

Vasco Rossi
«Non sono tipo da duetti e terzetti. Ho sempre avuto la sensazione che quelli che si mettono insieme è perché non sanno bene che cosa fare. Cantare una canzone...

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«Non sono tipo da duetti e terzetti. Ho sempre avuto la sensazione che quelli che si mettono insieme è perché non sanno bene che cosa fare. Cantare una canzone metà io e metà te va bene per i bambini dell'asilo: ci mettiamo il grembiulino, ci teniamo per mano e cantiamo la canzoncina.


A volte, ti dicono:
«Ma è per beneficenzà. Ma, secondo me, la beneficenza è una di quelle cose che fai aprendo il portafoglio e magari stai anche zitto, sennò non si capisce dove finisce il vantaggio per chi la fa e dove comincia la beneficenza». Vasco Rossi si racconta a Vanity Fair in occasione del suo nuovo tour negli stadi italiani. «Per questo - spiega ancora a proposito dei duetti - al povero Pavarotti ho sempre detto di no. Per lo stesso motivo non sono neppure mai andato a giocare nella nazionale cantanti. Intanto non chiamatela nazionale cantanti, ma squadra di cantanti. Perché le parole sono importanti. E, invece, la gente le usa come viene. Come quelli che dicono che democrazia è poter scrivere sui social che sei uno stronzo. Non è così. E, poi, la tua opinione la puoi esprimere con il tuo nome e cognome, non usando un nicknam».

Quanto alla scaletta fissata per il tour, dice: «Abbiamo riarrangiato alcuni pezzi vecchi, degli anni Ottanta. Modena Park è stata un pò una seduta psicanalitica, nel senso che mi sono ritrovato a cantare canzoni che ho scritto 35, 40 anni fa e che non facevo più da un sacco di anni. Apriamo con
Cosa succede in città. È una canzone che ho scritto nel 1985, ma che è ancora molto attuale. Pensiamo alla situazione che stiamo vivendo proprio adesso: la confusione, per esempio, ce n'è davvero un bel pò in giro e anche di cose che non vanno. E, poi, secondo me, si capisce subito che ci parliamo chiaro. Ci sono almeno un paio di canzoni che non facevo da un pezzo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero