"Un tassista a Baku" alla scoperta di un Azerbaigian inedito

"Un tassista a Baku" alla scoperta di un Azerbaigian inedito
È scrittura della vita quella di Barbara Cassani. Nel suo primo libro “Un tassista a Baku. Le storie di Kamala”, uscito in questi giorni per Aracne (172 pagine,...

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È scrittura della vita quella di Barbara Cassani. Nel suo primo libro “Un tassista a Baku. Le storie di Kamala”, uscito in questi giorni per Aracne (172 pagine, 10 euro), la vita è una scelta tra scendere agli inferi o decidere di essere felici. Una scelta carica di significato se a farla è una famiglia di Baku provata come tante altre dalla tragedia del Nagorno-Karabakh. Ma non è un libro di rivendicazioni o di ragioni mancate. Tutt’altro è un libro di riconciliazione pervaso da uno spirito luminoso.


L’autrice con questa sua opera prima ha dato vita in qualche modo a un libro inedito sull’Azerbaigian. Attraverso la storia familiare di Elnur, Layla, Ali e Kamala ambientata tra Baku e Roma, Barbara Cassani descrive in modo sottile tradizioni, luoghi e pezzi di storia del Paese caucasico. Un’intima guida di viaggio dell’Azerbaigian dove a fare da corniche sono le splendide e bianche curve ininterrotte dell’Heydar Aliyev Centre realizzato da Zaha Hadid che è sempre in mezzo alla vita dei protagonisti. Leggere il libro della Cassani è come immergersi nella luce scintillante di Baku senza soluzione di continuità tra passato e futuro. Il pittore che dipinge con il petrolio, il Novruz, il pilaf del re, i pakhlava, la tradizione del tè, il pane lavash cotto nel forno tendir, la torre della vergine, le Flame Towers, il nuovo museo del tappeto, la moschea Bibi-Heybat e il Baku Crytall Hall sono presenze costanti nella vita di Elnur e dei suoi cari. Una vita che ognuno di loro sceglie di vivere a modo proprio. Se Elnur alla guida del suo taxi, decide di imparare l’inglese per abbattere ogni barriera e conoscere il mondo attraverso i suoi clienti stranieri, sua sorella Layla è come interrotta, soffocata dalla grande tragedia che ha vissuto dove ha perso la vita suo marito e tanta gente a lei cara, mentre i suoi figli - Ali con il suo grande talento per la musica e Kamala con il suo rigore e amore per lo studio – scioglieranno in modo e tempi diversi i loro nodi entrambi alla fine scegliendo di essere felici, come farà alla fine tutta la famiglia.

“Un tassista a Baku” racconta per la prima volta un paese, l’Azerbaigian, che emerge dalle pagine di questo libro nelle sue caratteristiche umane ed estetiche, con il suo vento e con l’ospitalità e lo spirito giovane che lo attraversa, e che si respira per le sue strade. Dove le donne hanno votato per la prima volta nel 1918. Un paese ricco di storia dove nel Gobustan, l’area archeologica poco distante da Baku è stata scoperta un’epigrafe in lingua latina, datata all’epoca di Domiziano, che rappresenta l’iscrizione più lontana da Roma mai ritrovata. Ma anche dove il rispetto per le altre religioni è reale e il multiculturalismo è esperienza quotidiana. Così per Kamala quando viene a studiare a Roma avere come amica Noah, una ragazza ebrea, è assolutamente normale. L’Azerbaigian è un paese musulmano ma laico dice uno dei personaggi del libro che aggiunge “ho visto più donne velate a Parigi che a Baku”. E in questo paese a maggioranza musulmana la comunità ebraica è numerosa e molto rispettata come le altre minoranze religiose. A Quba vive la più grande comunità azerbaigiana degli ebrei della montagna.

Allo stesso modo per la prima volta il conflitto del Nagorno-Karabakh viene raccontato come lo descriverebbe chi lo ha vissuto, con la speranza che si possa ancora fare qualcosa, per “poter tornare a casa”. Ed è lo stesso “tornare a casa” che ricorre nei racconti delle sette donne che nell’appendice, Le storie di Kamala, sono protagoniste di altrettante storie. Perché soltanto chi ha subito un danno sa di poter sopravvivere. È scrittura della vita quella di Barbara Cassani. Nel suo primo libro “Un tassista a Baku. Le storie di Kamala”, uscito in questi giorni per Aracne (172 pagine, 10 euro), la vita è una scelta tra scendere agli inferi o decidere di essere felici. Una scelta carica di significato se a farla è una famiglia di Baku provata come tante altre dalla tragedia del Nagorno-Karabakh. Ma non è un libro di rivendicazioni o di ragioni mancate. Tutt’altro è un libro di riconciliazione pervaso da uno spirito luminoso.

L’autrice con questa sua opera prima ha dato vita in qualche modo a un libro inedito sull’Azerbaigian. Attraverso la storia familiare di Elnur, Layla, Ali e Kamala ambientata tra Baku e Roma, Barbara Cassani descrive in modo sottile tradizioni, luoghi e pezzi di storia del Paese caucasico. Un’intima guida di viaggio dell’Azerbaigian dove a fare da corniche sono le splendide e bianche curve ininterrotte dell’Heydar Aliyev Centre realizzato da Zaha Hadid che è sempre in mezzo alla vita dei protagonisti. Leggere il libro della Cassani è come immergersi nella luce scintillante di Baku senza soluzione di continuità tra passato e futuro. Il pittore che dipinge con il petrolio, il Novruz, il pilaf del re, i pakhlava, la tradizione del tè, il pane lavash cotto nel forno tendir, la torre della vergine, le Flame Towers, il nuovo museo del tappeto, la moschea Bibi-Heybat e il Baku Crytall Hall sono presenze costanti nella vita di Elnur e dei suoi cari. Una vita che ognuno di loro sceglie di vivere a modo proprio. Se Elnur alla guida del suo taxi, decide di imparare l’inglese per abbattere ogni barriera e conoscere il mondo attraverso i suoi clienti stranieri, sua sorella Layla è come interrotta, soffocata dalla grande tragedia che ha vissuto dove ha perso la vita suo marito e tanta gente a lei cara, mentre i suoi figli - Ali con il suo grande talento per la musica e Kamala con il suo rigore e amore per lo studio – scioglieranno in modo e tempi diversi i loro nodi entrambi alla fine scegliendo di essere felici, come farà alla fine tutta la famiglia.


“Un tassista a Baku” racconta per la prima volta un paese, l’Azerbaigian, che emerge dalle pagine di questo libro nelle sue caratteristiche umane ed estetiche, con il suo vento e con l’ospitalità e lo spirito giovane che lo attraversa, e che si respira per le sue strade. Dove le donne hanno votato per la prima volta nel 1918. Un paese ricco di storia dove nel Gobustan, l’area archeologica poco distante da Baku è stata scoperta un’epigrafe in lingua latina, datata all’epoca di Domiziano, che rappresenta l’iscrizione più lontana da Roma mai ritrovata. Ma anche dove il rispetto per le altre religioni è reale e il multiculturalismo è esperienza quotidiana. Così per Kamala quando viene a studiare a Roma avere come amica Noah, una ragazza ebrea, è assolutamente normale. L’Azerbaigian è un paese musulmano ma laico dice uno dei personaggi del libro che aggiunge “ho visto più donne velate a Parigi che a Baku”. E in questo paese a maggioranza musulmana la comunità ebraica è numerosa e molto rispettata come le altre minoranze religiose. A Quba vive la più grande comunità azerbaigiana degli ebrei della montagna. Allo stesso modo per la prima volta il conflitto del Nagorno-Karabakh viene raccontato come lo descriverebbe chi lo ha vissuto, con la speranza che si possa ancora fare qualcosa, per “poter tornare a casa”. Ed è lo stesso “tornare a casa” che ricorre nei racconti delle sette donne che nell’appendice, Le storie di Kamala, sono protagoniste di altrettante storie. Perché soltanto chi ha subito un danno sa di poter sopravvivere.

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Il Messaggero