All'Ara Pacis un giro nel West di Sergio Leone

All'Ara Pacis un giro nel West di Sergio Leone
C’era una volta Sergio Leone. Non poteva esserci titolo più evocativo, parafrasando i suoi celebri film, per la mostra dedicata al papà dello...

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C’era una volta Sergio Leone. Non poteva esserci titolo più evocativo, parafrasando i suoi celebri film, per la mostra dedicata al papà dello spaghetti-western, ospitata all’Ara Pacis dal 17 dicembre al 3 maggio 2020. Dopo il successo dello scorso anno alla Cinémathèque Française di Parigi, l’esposizione arriva a Roma, città natale del regista che ha contribuito a scrivere la storia del cinema italiano con i suoi capolavori, da Per un pugno di dollari, che segna il suo debutto al timone del western all’italiana, nel 1964, a Il buono, il brutto e il cattivo, fino a Giù la testa con cui nel ‘72 vinse il David di Donatello.

A 90 anni dalla nascita e a 30 dalla sua scomparsa, la Capitale omaggia così il genio del maestro diventato ormai mito. Ieri sera l’inaugurazione, a cui non potevano mancare protagonisti e personalità di spicco del mondo del cinema come Pupi Avati, Paolo Genovese, Sebastiano Somma, Serena Dandini, Pino Quartullo, Luca Verdone - che nel 2009 ha realizzato un documentario sul grande cineasta, amico di famiglia - e ancora Riccardo Rossi, l’attrice Mavina Graziani, Barbara Palombelli e Francesco Rutelli, Tommaso Paradiso - cresciuto con i suoi film -, Caterina Shulha insieme al compagno, il produttore Marco Belardi. Tra una sala e l’altra ecco anche Giorgio Tirabassi, il noto chirurgo plastico Roy de Vita, Ludovico Fremont e la fidanzata Simona Fiorenza - innamoratissimi -, Maria Rosaria Omaggio, Kaspar Capparoni con la moglie Veronica Maccarone, Alessandro D’Alatri, e l’attore di Gomorra Arturo Muselli. Un vero e proprio viaggio espositivo, curato dal direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli, in collaborazione con Rosaria Gioia e Antonio Bigini, in cui viene raccontato tutto l’universo che ruota intorno a Sergio Leone, dalle origini familiari - con il papà regista, conosciuto con lo pseudonimo di Roberto Roberti, considerato uno dei pionieri del cinema muto italiano - al suo percorso artistico che parte dal peplum, filone storico-mitologico, per arrivare a riscrivere il western e trovare il culmine in C’era una volta in America, più che un film, il progetto di una vita.

Materiali d’archivio, cimeli personali, scenografie, bozzetti, costumi, fotografie dal set - firmate da Angelo Novi, uno dei più grandi fotografi di scena, che seguì Leone fin da C’era una volta il West - per ripercorrere, accompagnati dalle note delle colonne sonore più famose, tutto il lavoro dell’indiscutibile maestro, non tralasciando nemmeno il progetto sulla battaglia di Leningrado, rimasto incompiuto e del quale oggi restano solo poche pagine scritte, insieme al valore inestimabile del suo cinema.
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Il Messaggero