Il soldato Angela perde la battaglia dell'audience. Ma vincerà la guerra

No, Alberto Angela non ha vinto contro Maria De Filippi. Stando ai numeri, sabato scorso il divulgatore ha perso ancora una volta la sfida: 3 milioni 612 mila spettatori e share...

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No, Alberto Angela non ha vinto contro Maria De Filippi. Stando ai numeri, sabato scorso il divulgatore ha perso ancora una volta la sfida: 3 milioni 612 mila spettatori e share del 18,6% per "Ulisse", 5 milioni 221.000 spettatori e share del 29.3 per "Tu sì que vales". E le settimane precedenti non è andata meglio.


Alberto Angela, 3 milioni per la puntata di Ulisse sulla Shoah. Celentano: aiuti a non dimenticare

Il format spagnolo, tutto giocato di pancia - il corpo di Belen, i vip, i nip, le meteore, le grida, gli insulti, il dito medio in prima serata - è un dispositivo costruito per strafare, accumulare, esagerare. Il format originale di Angela, tutto testa e cuore, è una macchina pensata per informare, suggerire, stimolare. Possibilmente senza disturbare. Eppure questo programma, destinato a perdere indefessamente ogni battaglia del sabato, finirà col vincere la guerra. Perché quel che è successo nel weekend su Rai Uno, più che su Mediaset, ci dice almeno due cose importanti.

La prima: in un paese in cui - secondo il Censis - il 43% dei cittadini si informa sui social, la televisione per quasi quattro milioni di telespettatori ha riempito con "Ulisse" un vuoto imponente. Voce chiara nel rumore digitale, la divulgazione autorevole di Angela è insieme antidoto contro le fake news e alternativa al coro univoco di banalità e sciattezza che dilaga, uniformemente, sulle bacheche di Facebook come nei talent, nei forum online come nei contenitori della domenica. La seconda cosa che ci raccontano i numeri di "Ulisse" è che il programma di Angela piace soprattutto quando parla di noi. Quando racconta la bellezza e l’unicità del nostro paese (vedi "Stanotte a Pompei", quattro milioni e 200.000 spettatori), quando ci dice chi siamo e chi eravamo, quanto siamo stati grandi e miserabili, quando siamo stati vittime e quando carnefici.


Senza effetti speciali, senza ricorrere a viaggi intorno al mondo, la tv sabato scorso ha tenuto incollati gli italiani allo schermo ricordando il 16 ottobre 1943, cioè il terribile rastrellamento nel quartiere ebraico di Roma. Chi ha deciso che di olocausto, in tv, si può parlare solo nella giornata della memoria? Se Angela dovesse vincere la guerra contro De Filippi, insomma, sarà soprattutto per questo: per averci ricordato che non abbiamo bisogno di infilare la testa in una lavatrice per dimostrare che valiamo. Siamo meglio di come noi stessi, a volte, ci dipingiamo.


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Il Messaggero