Talismani dell'editoria, l'editore più antico d'Italia mette in mostra i suoi tesori

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“Maestro de la claridad, profesor de pureza, héroe del Libro”, così lo ha definito Pablo Neruda. Artista dell’edizione, amico degli scrittori e “filosofo” come i...

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“Maestro de la claridad, profesor de pureza, héroe del Libro”, così lo ha definito Pablo Neruda. Artista dell’edizione, amico degli scrittori e “filosofo” come i grandi stampatori del Cinquecento, Alberto Tallone è stato uno dei più raffinati editori del Novecento per l’eleganza ed essenzialità della veste tipografica dei suoi libri dalle tirature limitate e con testi composti a mano su carte di pregio.




Alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, una mostra (“Talismani dell’editoria” a cura di Andrea di Pasquale ed Eleonora Cardinale, fino al 30 settembre) da oggi è dedicata al rapporto dell’editore di Alpignano, in Val di Susa con gli scrittori moderni e contemporanei.



Autografi, documenti inediti, bozze di stampa, lettere, collane preziose, foto dal ricchissimo archivio della casa editrice cui si sono aggiunti i libri del Fondo Falqui della Biblioteca, propongono un viaggio assai significativo dentro la qualità e la fisionomia di un’impresa di alto artigianato, unica nella nostra editoria. Da Alberto al figlio Enrico che con la famiglia ne continua l’opera, com’è documentato nella prima sezione della mostra, con centro l’origine del libro, gli strumenti di composizione e gli elementi costitutivi, carte, caratteri e inchiostri: quella dei Tallone è la storia di un editore che, consapevolmente e anche coraggiosamente, decise di mantenersi fedele alla tradizione della stampa a caratteri mobili, mentre tutto attorno si attestava sempre più rapidamente sul requisito dell’elettronicità.



Il suo motto era quello di Peguy: “La vera bellezza di un libro è il manufatto scritto, l’assenza d’illustrazioni, la bellezza del procedimento tipografico, la bellezza della tiratura, l’assenza di policromia, la bellezza della carta”. Così si sceglieva la lentezza e l’esiguità numerica, mentre la tecnologia delle nostre vite aveva come punto di forza la velocità e la ripetibilità e il mondo editoriale era dominato da grandi giganti, sempre più orientato verso modelli che dissolvono il libro come oggetto fisico: Eppure, la proposta talloniana, con la sua semplicità non era scarna, ma “talmente ricca di sapere, elegante e al servizio del lettore”, da sembrare avveniristica, come ha scritto Roberto Cicala.



Il viale che porta alla casa di Alpignano dove ancora ha sede la Tallone, è stato percorso e ripercorso lungo un intero secolo da scrittori, intellettuali, artisti, studiosi... Numerosi gli incontri, i progetti, le edizioni: “La Mandragola” con un saggio di Bacchelli, “Archimede” di Sinisgalli, “Sono uno di voi” di de Libero. Non tutti i progetti vanno però in porto come accade per la “Morte delle stagioni” di Ungaretti, di cui è esposta una lettera inedita scritta con il noto inchiostro verde, insieme a lettere inedite di Quasimodo, Sbarbaro, Sereni, Luzi. Le scelte cadono inevitabilmente sulla poesia, una scrittura di forte creazione per lo stesso tipografo, attento artefice della composizione del testo. Si passa attraverso Gozzano, Lucini, Montale fino Bertolucci e Alda Merini di cui è pubblicato nel 2006 “Un segreto andare”. Trentacinque poesie composte con il carattere più antico( Janson Kis) fuso nella matrice originale del 1680, con l’esito di uno straordinario barocco castigato, in sintonia con la voce forte e sensuale della Merini . Per l’inaugurazione un recital di Marcia Theofilo, la poetessa brasiliana, una delle perle del “povero” (quattrocento libri in ottanta anni) e prestigioso catalogo Tallone. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero