Roma, Sgarbi in teatro dal 15 marzo racconta il “suo” Michelangelo

Vittorio Sgarbi sul palcoscenico di "Michelangelo"
«Più che di un'esperienza umana, è il racconto della contemporaneità di un pensiero, così grande che ogni artista con lui deve fare i conti....

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«Più che di un'esperienza umana, è il racconto della contemporaneità di un pensiero, così grande che ogni artista con lui deve fare i conti. È una contemporaneità del mondo delle idee, delle invenzioni artistiche». Così Vittorio Sgarbi racconta il suo Michelangelo, nuovo spettacolo con cui, dopo Caravaggio, torna in palcoscenico a parlare d' arte, all'indomani delle elezioni che lo hanno visto candidato per il Centrodestra ad Acerra, battuto dal leader M5S Luigi Di Maio (in attesa del proporzionale).


Il suo Michelangelo debutterà a Roma il 15 marzo al Teatro Olimpico (fino al 18, poi in tournée), curiosamente proprio la stessa sera in cui anche all'Auditorium della Conciliazione si accenderanno le luci sul maestro della Cappella Sistina con «Giudizio Universale», lo show immersivo con le musiche di Sting e la voce di Francesco Favino. «Avevo pensato a un racconto più ampio dedicato al Rinascimento - racconta Sgarbi - Mi avrebbe permesso di cambiare tema quasi ogni sera. Ma l'ipotesi della nascita di un movimento politico che si sarebbe dovuto chiamare proprio Rinascimento faceva pensare ai teatri a un conflitto di interesse». Così è nata una trilogia, che dopo Michelangelo, seguendo le celebrazioni per i centenari delle morti, vedrà a teatro anche Leonardo (scomparso nel 1519) «al debutto - dice il produttore Marcello Corvino - già il 3 giugno al Teatro Romano di Verona».


Poi Raffello (1520). «E poiché tra i centenari cui lo Stato ha dato attenzione istituendo un comitato, almeno finché c'era uno Stato - dice Sgarbi - c'è anche Dante, che muore nel 1321, è possibile che nel 2021 io faccia non un pittore, ma, appunto, Dante. Anche per dare una lezione a Benigni». Così, dopo lo spettacolo su Caravaggio «che ha avuto un riscontro superiore persino alle aspettative, da nord a sud: evidentemente la cultura unisce e la politica divide», il racconto su Michelangelo questa volta non procederà per accostamenti a personalità (come fu con Caravaggio e Pasolini), «piuttosto nell'attualità e contemporaneità del suo pensiero: così grande che tutti hanno dovuto fare i conti con lui, da Giacometti a Marini, il dolore con Munch. E poi Rodin, Henry Moore, Jan Fabre che alla Biennale 2011 ha portato una Pietà in cui la Vergine non ha volto ma un teschio». Ad accompagnarlo, le note dal vivo di Valentino Corvino e le grandi proiezioni dei capolavori d' arte a cura di Tommaso Arosio.
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Il Messaggero