Già una bella differenza fra i volti degli All Blacks di domenica sera, allo sbarco a Fiumicino, e quelli di ieri mattina a colazione nell’hotel a Porta Pinciana: dai...
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I neozelandesi, del resto, vanno capiti: non sono per nulla abituati a perdere. Dal primo match dei Mondiali 2011 a oggi hanno vinto 91 partite e ne hanno pareggiate 3 su 102 incontri. Ah, in questo periodo hanno anche alzato due Coppe del mondo. Nessun’altra nazionale in tutti gli sport vanta una tale striscia. Inevitabile, così, che il ko dublinese abbia in parte modificato il programma di questa settimana romana per i giocatori guidati in campo da Kieran Read e dalla tribuna (ché nel rugby non esiste la panchina a bordocampo) da Steve Hansen. Ovvero incursioni turistiche ridotte al minimo (se ne parla domani, giorno di riposo) e per il resto duri allenamenti in palestra e sui campi del Cus a Tor di Quinto. Non che il pronostico contro l’Italia sia adesso meno in salita, anzi: nel 2016 finì 10-68 e allora gli All Blacks, pur curiosamente reduci di nuovo da una rara sconfitta (sempre l’Irlanda, ma a Chicago) erano all’inizio del tour di novembre, pronti a fare esperimenti e a tentare giocate ad alto rischio. Sabato invece, come hanno detto ieri Dane Coles e Ardie Savea all’appuntamento quotidiano con i cronisti, vorranno subito mettere punti pesanti nel loro ultimo impegno stagionale.
«Grande rispetto per l’Italia», a ogni modo, hanno tributato agli azzurri che sabato scorso hanno reso difficile la vita all’Australia a Padova.
Il Messaggero