Rodolfo Laganà ha quello spirito d'osservazione che solo i grandi attori comici riescono ad avere. Far ridere il pubblico è l'impresa più difficile...
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Si chiama Toro Sedato, ma a differenza del nativo americano (Toro Seduto), lui è un indiano di Roma e «invece di augh fa aò» ci racconta Laganà. Toro Sedato (ovvero l'arte di fare l'indiano), spettacolo, che l'attore ha scritto insieme a Paola Tiziana Cruciani e Roberto Corradi, nasce da un modo di dire, che racconta una particolarità dei romani, ma più in generale degli italiani: fare l'indiano, cioè fingere di non capire, quando invece abbiamo capito benissimo. «In questo spettacolo racconto i tanti modi di fare l'indiano. Parto dall'osservazione della vita quotidiana, come faccio da 35 anni nei miei show, usando l'ironia, fino ad arrivare alla parte surreale, che è quella che mi piace di più».
A ben pensarci non c'è momento della nostra vita quotidiana, salvo da questa filosofia. La raccolta differenziata. «La fai solo se ti guarda qualcuno, se ti senti osservato, altrimenti nel cassonetto butti un sacco nero alto come un ragazzino» risponde Laganà. Le auto in doppia fila. «Tu vai a riprendere la macchina e ti accorgi che c'è qualcuno che sta aspettando che tu esca. In quel momento subisci come una mutazione genetica, fai l'indiano, superi la macchina e dici sto giocando con le chiavi».
La fila al supermercato. «Hai il carrello pieno e quello dietro di te ha un pacchetto di gomme. Dovresti farlo passare ed invece fai l'indiano e vai dritto». La lista degli esempi potrebbe essere molto lunga. Ma perché siamo così bravi nel fingere di non capire? «Perché facciamo fatica a vivere in pace, perché non ci fanno vivere la vita che vogliamo, ma spesso ci comportiamo così anche per convenienza e ironia». Ed è soprattutto l'ironia, che salva i romani da una città amata dai turisti di tutto il mondo, ma non sempre facile da vivere. «I romani amano Roma come se stessi. Io la vedo una città caotica, che sta vivendo un momento non bellissimo, ma poi basta che giro gli occhi, vedo il tramonto, il Gianicolo, il Colosseo e tutta la meraviglia e viene fuori quel grande amore per Roma che non passa mai». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero