Henry Beyle, l’editore misterioso ma inconfondibile

Henry Beyle, l’editore misterioso ma inconfondibile
La strategia editoriale di questi anni è arcinota e abbastanza deprimente: si pubblica chiunque. E pubblicando chiunque, pensano gli editori, prima o poi qualcuno venderà. ...

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La strategia editoriale di questi anni è arcinota e abbastanza deprimente: si pubblica chiunque. E pubblicando chiunque, pensano gli editori, prima o poi qualcuno venderà.


Il risultato è che i cataloghi non sono più il frutto di una scelta, non dico ideologica, ma neppure di pensiero o se non altro di gusto. E’ ormai veramente difficile riconoscere o attribuire una personalità a questo o a quell’editore, poiché tutti sono diventati "generalisti", contenitori che si lasciano riempire di anno in anno da cosa tira, da cosa vende al momento.



In questo panorama librario ormai azzerato, in cui davvero un editore sembra valere l’altro, mi sono imbattuto in alcuni piccoli volumetti d’una eleganza un po’ démodé, copertina in tinta unita e titoli piccoli. Inoltre ogni esemplare è numerato (375, 500 e 575 copie di tiratura, a seconda del titolo e della collana), le pagine sono da tagliare (come si usava fino agli anni quaranta del secolo scorso) e il prezzo è mediamente più alto della media (si può arrivare a 30,00 euro).



La casa editrice in questione si chiama Henry Beyle e le sue scelte editoriali sono in sintonia con la cura per la veste grafica- confinante con la mania di ricordare al lettore che tra le mani ha un libro, proprio un libro. Tre collane: “Piccola biblioteca degli oggetti letterari” è dedicata al mondo della scrittura con classici del Novecento come Buzzati, Munari, Papini, Saba; “Piccola biblioteca dei luoghi letterari” è invece riservata a descrizioni geografiche e paesaggi con Prezzolini, Soffici, Comisso, Vittorini; “Quaderni di prosa e di invenzione” ospita brevi e poco noti testi memorialistici di Bontempelli, Brancati, Flaiano, Gatto.



Ce n’è abbastanza per ritenerla una burla o una provocazione. Questa è un’epoca che predilige le copertine pacchiane- caratteri cubitali replicati in fascette sgargianti-, e Henry Beyle sposa una linea antiquata e minimalista; il libro fisico è ormai minacciato dal libro digitale a pochi euro (se la fetta di mercato dell’ebook è ancora bassa, non c’è dubbio che il paradigma ideale di produzione si sia spostato verso quel formato), e Henry Beyle produce un oggetto artigianale e costoso che spinge a riflettere sul libro in quanto tale- dal rotolo di pergamena fino alla stampa moderna.



Il responsabile dell’ufficio stampa alle mie richieste di parlare con l’editore in carne e ossa è caduto dalle nuvole. Alla fine, su mie ripetute insistenze, mi ha dato un numero di cellulare senza tuttavia svelarmi l’identità dell’editore. Molto divertito ho composto il numero e ho aspettato di confrontarmi con Mister Henry Beyle, il quale molto cordialmente ha detto soltanto che per un editore dovrebbe parlare il proprio catalogo (non metto l’affermazione tra virgolette perché sono sicuro che leggendosi si sentirebbe a disagio). Non avrei mai pensato che un’intervista fallita potesse essere perfetta, ma nel caso di Henry Beyle è andata proprio così. Non resta che fare un giro in libreria, munirsi di un tagliacarte e concedersi uno strappo alla regola.



Twitter: @LuRicci74 Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero