"Tutto può accadere a Broadway", se il regista si chiama Peter Bogdanovich

"Tutto può accadere a Broadway", se il regista si chiama Peter Bogdanovich
Una commedia romantica sul desiderio e i suoi labirinti, in cui perdersi può essere bello quanto pericoloso. Un omaggio assolutamente irresistibile al miglior cinema di una...

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Una commedia romantica sul desiderio e i suoi labirinti, in cui perdersi può essere bello quanto pericoloso. Un omaggio assolutamente irresistibile al miglior cinema di una volta. Una pochade moderna, dunque sfacciata. Ma soprattutto la resurrezione di un grande sfortunato, e troppo spesso dimenticato, come Peter Bogdanovich. Il sofisticato regista-critico-cinefilo che dopo aver intervistato tutti i miti del cinema classico (Welles, Ford, Hawks...) ha diretto film pensosi come L'ultimo spettacolo e commedie irresistibili e malinconiche come Ma papà ti manda sola?, Paper Moon, E tutti risero, per poi finire ai margini del sistema.




Dove sono andati a recuperarlo due campioni del miglior cinema di oggi, Wes Anderson e Noah Baumbach, producendogli il film forse più apprezzato in assoluto di Venezia 2014 (tempi lunghi in Italia...): She's Funny That Way, ribattezzato Tutto può accadere a Broadway. Un “veicolo” perfetto per la grazia, il talento e il sex appeal dell'inglese Imogen Poots, qui nei panni di una call girl di inossidabile innocenza che ricorda molto la Audrey Hepburn di Colazione da Tiffany.



Anche se l'invenzione più esilarante è quella del suo benefattore Owen Wilson, un regista teatrale e collezionista benefico di escort («sono, come dire... femminista?»). Un piccolo vizio innocente, anzi per molti versi encomiabile (non possiamo spiegare in che senso) che però provoca conseguenze imprevedibili quando Wilson arriva a New York per provare uno spettacolo con sua moglie e il vanesio divo inglese Rhys Ifans (assolutamente superlativo). Perché la migliore candidata al ruolo della protagonista, naturalmente una escort, si rivela essere proprio la ragazza con cui ha appena passato la notte.



Ed è solo l'inizio di una baraonda di equivoci e coincidenze diretta con gusto e tempismo perfetti in cui entreranno una psicoterapeuta irritabile (Jennifer Aniston), uno sceneggiatore ingenuo (Will Forte), un giudice innamorato (il veterano Austin Pendleton), un vecchio detective imbranato, e un paio di cani di taglia assai diversa, come nelle grandi commedie svitate di Hawks e compagni.



Tutto reso con una leggerezza e una gratuità che sfiorano l'inconsistenza ma rendono ancora più irresistibile il gioco dei dialoghi e delle gag cesellate da regista e interpreti con una complicità che scalda davvero il cuore. Charles Boyer, Jennifer Jones e il sommo Lubitsch sentitamente ringraziano. Ma per scoprire perché bisogna vedere il film. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero