Venezia, con "Piuma" applausi e polemiche

Venezia, con "Piuma" applausi e polemiche
Risate a raffica durante la proiezione stampa: non è frequente, ai festival, dove le commedie scarseggiano. E alla fine, dalla platea dei giornalisti, si levano applausi...

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Risate a raffica durante la proiezione stampa: non è frequente, ai festival, dove le commedie scarseggiano. E alla fine, dalla platea dei giornalisti, si levano applausi mischiati con qualche fischio, e c'è perfino chi grida «vergogna!». Ma alla proiezione per il pubblico, che ha sfilato su un red carpet popolato di paperelle gialle, il simbolo del film, è partita l'ovazione: otto minuti di battimani.

Possibile che Piuma, secondo film italiano a caccia del Leone, diventi un caso a Venezia mentre gli esercenti fanno a gara a richiederlo? «Le commedie in concorso sono rarissime e Piuma è il mio film più maturo e riuscito», replica il regista Roan Johnson, 42, pisano (Fino a qui tutto bene, I delitti del BarLume). «Mi spiace per le contestazioni, ma lavorando per quattro anni con gli sceneggiatori Madeddu, Massimi e Lantieri ho cercato di offrire un ampio ventaglio di emozioni».
Prodotto da Sky Cinema Hd con Palomar, Piuma (in sala con Lucky Red il 20 ottobre) ha per protagonisti due liceali che alla vigilia della maturità scoprono di aspettare una bambina. Dopo il primo choc, si riveleranno più maturi e responsabili degli adulti, sgangherati nelle loro reazioni e del tutto impreparati all'evento imprevisto.
«Diciamo la verità: l'idea del film è nata nel momento in cui, con la mia compagna e un'altra coppia di amici, ci interrogavamo sull'opportunità di diventare genitori. Ce la facevamo sotto dalla paura e abbiamo provato ad esorcizzarla immedesimandoci in due diciottenni alle prese con un progetto di vita più grande di loro. Piuma non pretende di essere un trattato sociologico, è una storia di formazione. Descrive un momento particolare e un ambiente come ha sempre fatto la commedia italiana».
 
PROVINI
Per trovare i protagonisti, gli adorabili Luigi Fedele e Blu Yoshimi, Johnson ha fatto migliaia di provini. «Lei è stata scelta relativamente presto, ma per lui stavo perdendo le speranze tanto che avevo ipotizzato di alzare l'età dei personaggi a 23-24 anni. Ma avrebbe significato riscrivere il film», racconta il regista. «I due attori hanno dato un contributo determinante, offrendoci dritte non solo sul linguaggio dei giovani ma anche sull'amore».
Blu, 19 anni, figlia d'arte (sua madre è l'attrice Lidia Vitale), studentessa modello, dimostra la stessa maturità del suo personaggio: «Se avessi un bambino troppo presto», dice, «cercherei di dargli il massimo. Anch'io sono stata una figlia inaspettata, ma sono cresciuta circondata d'amore». Fedele, 18, attore da quando era piccolo, dice che il film «abbatte gli stereotipi sulla nostra generazione. Il mio personaggio, un ragazzo casinaro e immaturo, affronta un percorso di crescita e impara a provare, con leggerezza, i grandi sentimenti».
Michela Cescon, felice interprete di una commedia e nella vita madre di tre bambini, nel film fa l'unico adulto positivo: è la madre del protagonista e, dopo il primo choc, decide di appoggiare i ragazzi. «La nascita di un figlio in una coppia troppo giovane», spiega l'attrice, «può far paura: oggi i genitori sono impegnati a costruire un curriculum per i loro figli, più che a preoccuparsi delle loro reali necessità. A 17-18 anni sei forse più stupido, ma fai cose che dopo non faresti più».

Il film sbarca a Venezia all'indomani delle polemiche per il Fertility Day, la campagna lanciata dal ministero della Salute. «In Italia il problema della denatalità è reale», osserva Cescon, «ma più che uno spot serve una politica di aiuti concreti. Oggi tanti vorrebbero avere figli, ma senza lavoro, casa e prospettive non possono permetterselo».
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Il Messaggero