Nel 1915, Jean Cocteau conosce Pablo Picasso, presentatogli dal musicista Edgar Varèse; due anni dopo, lo va a trovare, vestito da Arlecchino. Per convincerlo a seguirlo a...
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Una mostra, un evento, infinite storie. Per il sipario, il nostro si ispira a una stampa: una scenetta napoletana, da osteria, dell'abbastanza ignoto Achille Vianelli. Veste da Arlecchino tantissimi: anche il figlio Paulo, e Léonide Massine, l'autore di Parade; ed è allo specchio in un quadro della Collezione Thyssen, che è tra i 38 prestatori, con dei musei tra i maggiori del mondo: il Pompidou, Tate e MoMa, ovviamente il Picasso, il Guggenheim a New York, Victoria & Albert. Insomma, c'è tutto di quegli anni, come mai prima d'oggi: «È dal 2007 che penso questa mostra», dice Olivier Berggruen, il curatore con Annunciata van Liechstenstein, grande studiosa proprio del periodo romano; «tre anni per organizzarla: davvero non semplice», dice Mario De Simoni, presidente e amministratore delegato di Ales e da 15 anni anima delle Scuderie. C'è anche il solo costume di Parade uscito dalla fantasia picassiana sopravvissuto a quei tempi remoti: il Prestigiatore cinese. Ed è anche una mostra sul teatro dell'artista: Parade; poi Pulcinella (un soggetto, tra l'altro, dei suoi preferiti allora, come Pierrot, e lo si vede in mostra); e Mercure (ce n'è perfino un filmato); ma nel '25 litiga con il fondatore dei Ballet Russes Sergej Pavlovich Diaghilev: l'ultimo dipinto che riguarda il tema, La Danse della Tate (215 x 142 cm), occupa la bianca parete finale delle prime cinque, stupende sale; quadro strano, è stato chiamato anche Baccanale; l'ultima opera qui.
POPOLANE
Nel frattempo, Pablo ha dipinto popolane romane negli abiti tradizionali (ci sono anche la cartoline ispiratrici); con altre donne laziali che portano delle brocche; qui, conosce una ballerina, Olga Khokhlova: diverrà sua moglie, e la ritrarrà infinite volte. Quando lascia il teatro, lascia pure lei; ma non divorzieranno, e Olga morrà pazza. Invece, si impiccherà Marie-Thérèse Walter, sua nuova amante, che lascerà il passo a Dora Maar. Ma questi sono pettegolezzi. Tre ritratti di Igor Stavinskij. Tanti gli stili in mostra: s'inizia con il cubismo, fresca eredità delle sconvolgenti Demoiselles d'Avignon; vediamo perfino degli esempi di pointillisme (magnifico un disegno di Villa Medici); il classico reiventato; e l'ultimo quadro esposto è Studi, del 1920, che non a caso, li racchiude tutti. Ma abbandona il giro dei balletti e di Erik Satie, in cui Cocteau l'aveva inserito. Il suo genio, infinito, voracissimo e multiforme, guarda ormai altrove.
Tra i documenti c'è anche quello in cui Ennio Prampolini lo informa che manualmente, il sipario di Parade sarà dipinto da Carlo Socrate: nemmeno 30 anni, poi autorevole esponente della Scuola romana. Ma lui, partecipa fattivamente perfino all'organizzazione, e non solo alla messa in scena, di quel balletto: lo si legge nei documenti; corregge le iniziali idee di Cocteau. La prima sarà a Parigi, nel 1917, solo una matinée a beneficio del Fondo per la Guerra. Il sipario si alzava su carrucole, molto largo l'arrotolamento, e questo l'ha fortunatamente preservato. Per Picasso (ma lo sarà poi sempre), sono sette anni di grandi sperimentazioni, tra la Capitale e Napoli, e poi di nuovo nella città sulla Senna. Anche se a Roma, tra infiniti disegni, dipinge soltanto due quadri, ovviamente esposti: Arlecchino e una donna con la collana, e L'Italiana. Una sfaccettatura, ma attraente quanto poche altre, delle mille che l'artista ha inglobato in sé; e qui vediamo quadri che, anche se dipinti quasi contemporaneamente, non sono mai stati vicino tra loro, se non nella sua fervidissima mente. Ultima considerazione: molti dipinti provengono dalla dation Picasso: le tasse dell'eredità pagate con opere d'arte. Nel 1982, l'Italia si è data una legge analoga; ma non l'ha mai dotata, ed è un record, di un regolamento.
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Il Messaggero