Papaioannou: sotto scrosci d'acqua, in una sorta di horror in bianco e nero, il coreografo fa ballare l'eterna lotta tra il vecchio e il nuovo

In scena per il festival di danza contemporanea Equilibrio, Ink, il nuovo lavoro con richiami ad Alien e agli archetipi dell'umanità, l'eterna lotta tra generazioni

Dimitris Papaioannou al Teatro Argentina con Ink
Due interpreti in scena, un ragazzo e un adulto: «Una differenza di età che moltiplica la tensione tra chi si sente alla fine di un percorso e chi subentra....

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Due interpreti in scena, un ragazzo e un adulto: «Una differenza di età che moltiplica la tensione tra chi si sente alla fine di un percorso e chi subentra. L’anziano che funge da ispirazione si alimenta della giovinezza dell’altro che a sua volta divora il maestro. Un modo per riflettere sulla paternità». Dimitris Papaioannou, regista, coreografo, pittore greco, è tornato al Teatro Argentina (fino a domenica 19 febbraio per il Festival di danza contemporanea Equilibrio), dopo il successo nella scorsa stagione di Transvere Orientation, con il suo Ink", nuova versione della performance che realizzò nel 2020 in piena pandemia per TorinoDanza. Per la prima di giovedì 16, teatro sold out e lunghi applausi finali.

 

TEODOR CURRENTZIS

Papaioannou, 58 anni, dividerà il palco con Suka Horn, 33 anni, sotto scrosci d’acqua. «L’acqua è l’inizio di tutto. La forza della vita. La libido, se vogliamo ragionare in termini freudiani: fluisce e straripa anche quando cerchiamo di arginarla entro confini stabiliti». Nuova la musica, non c’è più Vivaldi, ma uno spartito originale di Kornilios Selamsis «plasmato sulle immagini e sui corpi, che il grande direttore d’orchestra, greco, Teodor Currentzis, ha registrato per noi a Berlino. Un regalo. E poi ho aggiunto una scena, cambiato il finale. Forse cambierà ancora, vediamo».

OLIMPIADI DI ATENE

Papaioannou, che ha esordito come disegnatore, è arrivato nel mondo della danza quasi per caso, grazie a Bob Wilson. È diventato famoso per aver curato le cerimonie delle Olimpiadi di Atene del 2004. Ed entrato nell’Olimpo dei grandi quando è stato chiamato dal Tanztheater Wuppertal fondato da Pina Bausch a firmare uno spettacolo con la compagnia della coreografa scomparsa. Attivissimo su Instagram («sono immagini della mia vita, ora sono anche su TikTok»), è oggi un artista celebrato a livello mondiale. E torna nella Capitale («adoro stare qui»), con un nuovo atto di magia, tra bellezza sbalorditiva e inquietudine.

ALIEN 

Corpi nudi («il miracolo della bellezza»), suggestioni in bianco e nero, effetti cinematografici: «Da piccolo, rimasi folgorato da Tarkovskij, non capivo molto dei suoi film, ma ne intuivo la grandezza. Ho amato i maestri italiani, Pasolini, Antonioni, ma è a Fellini che devo molto, alla sua leggerezza: ha continuato a guardare il mondo con occhi da bambino, conservando la meraviglia». Una meraviglia che Papaioannou conserva confrontandosi con gli archetipi dell’umanità. «Gli archetipi non sono né antichi né moderni. Sono codici condivisi, strumenti per comunicare in assenza di parole. Non c’è bisogno di investigare sul perché di alcune scelte. Io lavoro in modo caotico, istintivo». Dai corpi alle immagini. Come quella che ricorda un horror di fantascienza, «l’Alien di Ridley Scott, quella massa gelatinosa che penetrava gli umani». 

IL POLIPO

Ed è proprio questa sorta di figura tentacolare che avvinghia i danzatori a ispirare il titolo, Ink «è l’inchiostro che butta fuori il polipo per non essere visto, un liquido carnale che diventa strumento d’arte, per scrivere, per dipingere: uno sperma nero». Conflitti, amore: «Molti dei miei spettacoli sono rappresentazioni di scontri perché ad alimentarli c’è un sogno di unione e di amore». 

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Il Messaggero