Ollé al Teatro dell'Opera: «La mia Bohème nelle periferie del mondo»

La Bohème, con la regia di Alex Ollé de La Fura dels Baus al teatro del'Opera dal 13 giugno
Non ci sarà il fascino della Parigi dell'800, ma tutta la diversità multietnica, il fermento culturale e il degrado delle periferie del mondo: è questa La...

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Non ci sarà il fascino della Parigi dell'800, ma tutta la diversità multietnica, il fermento culturale e il degrado delle periferie del mondo: è questa La Bohème che il regista Alex Ollé de La Fura dels Baus presenterà all'Opera di Roma, a partire dal 13 giugno, in un nuovo allestimento, coprodotto con il Regio di Torino, che conclude la stagione del Costanzi.


Il celeberrimo titolo di Puccini, che sarà in scena per 11 recite fino al 24 giugno con la direzione dell'orchestra affidata all'ungherese Henrik Nánási al debutto sul podio romano, abbandonerà la romantica Ville Lumière per approdare in un luogo a tratti oscuro, al di fuori dal tempo.

Una metropoli immaginaria e turbolenta, forse assimilabile a tutte le città contemporanee, resa vibrante e viva da un gruppo di giovani di belle speranze, fragili e precari, ma desiderosi di futuro e con il sogno rivoluzionario della felicità: «Ciò che per me è più importante nella Bohème è la forza della gioventù. Dopo 120 anni quest'opera parla ancora al pubblico, perché tutti siamo stati giovani, con la fame di vita, di futuro, di successo, di felicità immediata», spiega oggi Ollé, che con il lavoro pucciniano arriva alla sua quinta produzione all'Opera di Roma.

«La morte di Mimì è in fondo la metafora della fine della gioventù, è qualcosa che fa diventare adulti. Non ho voluto ambientare l'opera a Parigi o al centro di una città, ma nella periferia. In tutto il mondo le periferie sono simili, lì vive gente più povera, esattamente come sono i personaggi, che non hanno soldi. La Bohème mi affascina perché non ci sono eroi, ma situazioni quotidiane, è l'opera delle piccole cose, come diceva Puccini». «Credo che al pubblico giovane piacerà», prosegue il regista, «dalle luci, ai costumi alle scene, tutto avvicina la rappresentazione al giorno d'oggi».

Grande entusiasmo anche da parte di Nánási, che in autunno tornerà al Costanzi per dirigere Il Flauto magico: «La Bohème è come una droga: quando inizi a suonarla non ti puoi più fermare. L'orchestra la conosce bene ma ogni volta è un'esperienza entusiasmante», afferma, sottolineando dell'opera pucciniana «l'equilibrio perfetto nell'orchestrazione, tra i movimenti lenti e quelli più veloci, tra l'aspetto poetico e quello drammatico».


Sul palco il pubblico vedrà alternarsi ben 3 cast, con artisti di tante nazionalità: nel ruolo di Mimì Anita Hartig, Vittoria Yeo e Louise Kwong, in quello di Musetta Olga Kulchynska e Valentina Nafornita, mentre i giovani bohèmienne saranno Giorgio Berrugi e Ivan Ayon-Rivas (Rodolfo), Massimo Cavalletti e Alessandro Luongo (Marcello), Simone del Savio ed Enrico Marabelli (Schaunard), Antonio di Matteo e Gabriele Sagona (Colline). A firmare le scene dell'allestimento è Alfons Flores, mentre i costumi e le luci sono rispettivamente di Luc Castells e Urs Schonebaum.
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Il Messaggero