Fra numeri e poesia: la "Danza dei Neuroni" di Griffa in mostra da Lorcan O' Neill

Fra numeri e poesia: la "Danza dei Neuroni" di Griffa in mostra da Lorcan O' Neill
«Io non rappresento nulla, io dipingo». Questa affermazione dell’artista Giorgio Griffa (Torino, 1936), usata come titolo di una sua importante personale del 1972, coglie e...

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«Io non rappresento nulla, io dipingo». Questa affermazione dell’artista Giorgio Griffa (Torino, 1936), usata come titolo di una sua importante personale del 1972, coglie e sintetizza il suo peculiare approccio alla pittura che lo ha reso uno dei più importanti esponenti dell’astrattismo minimalista in Italia.




Formatosi nell’ambiente torinese, tra Arte Povera e Minimalismo, quando l’avanguardia si concentrava su percorsi extra-pittorici, Griffa ha sempre praticato una linea di ricerca autonoma, concentrandosi sulla pittura come essenza e sull’atto di dipingere come gesto poetico. Da qui sono nate le sue opere, strisce numeriche e guizzi di colori acrilici molto fluidi, come arabeschi dipinti direttamente sulla tela grezza, non preparata con uno sfondo. È la scelta di un linguaggio astratto, non rappresentativo, che lo ha avvicinato ad amici “outsider” come lui, tra i quali, Alighiero Boetti, Aldo Mondino e Marco Gastini.



Fino al 22 dicembre la galleria Lorcan O’ Neill di Roma presenta una mostra con una selezione di lavori realizzati dall’artista nell’arco dell’ultimo anno, dal titolo “Danza di Neuroni”, prima personale di Giorgio Griffa nella nuova sede della galleria nelle scuderie del rinascimentale Palazzo Santacroce (Vicolo dei Catinari 3. Aperta dal martedì al sabato, ore 11-19), tra Piazza Farnese e Campo de’ Fiori.



In mostra, una serie di dipinti su tele libere dal telaio – caratteristica dell’artista a partire dalla fine degli anni Sessanta - basata sui riferimenti al Canone Aureo, “un numero piccolo che fissa un concetto immenso”, afferma l’artista. Il numero 1.61803398875 appare come segno – quasi un ideogramma alla maniera delle lingue antiche – in tutte le opere esposte, interrotto dopo un numero variabile di cifre, indicando la possibilità delle strutture scientifiche di sperimentare l’infinto.



Per l’artista, la moltiplicazione matematica del numero aureo, che non ha mai fine, è come Orfeo che entra fisicamente nell’ignoto. È la possibilità dell’arte di indagare spazi non definiti, insondabili. Numeri e colori sprigionano emotività e ci parlano di cose nascoste, come la poesia. La trama ripetuta dei segni di Griffa compone un ritmo musicale, di crescita naturale, con infinite variazioni e significati misteriosi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero