L’Io che diventa Noi solo quando supera la dimensione ristretta del Sé, accettando l’Altro nella propria vita. È una storia d’amore quella...
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«Il progetto è nato quasi per caso – racconta Magnasciutti – un giorno, in un cassetto, ho trovato un tampone per timbri. Ho impresso le mie impronte su carta e ho visto che potevano trasformarsi in altro, così le ho rese protagoniste delle tavole. L’impronta digitale rappresenta l’identità ma, a ben guardare, nasconde in sé infiniti labirinti. Successivamente, è nata la riflessione sull’amore».
Una riflessione – e dichiarazione – poetica che vede le impronte diventare papaveri al vento ma anche uccelli pronti a spiccare il volo e molte altre forme e vite a simboleggiare pure la trasformazione che l’apertura all’Altro porta inevitabilmente con sé.
«Posso dire io – scrive l’autore - solo a partire da un tu che non sono. Tu, io. Noi».
In questo “gioco” narrativo, Magnasciutti ricrea una realtà innamorata, dove ogni movimento tende all’unione e, spesso, al bacio. È un sentimento diffuso che è radice del vivere ma pure incanto dello sguardo di chi sembra vestire della propria emozione l’intero orizzonte in una forma di gioia condivisa.
Il “Noi”, qui, è, in senso più ampio, scoperta dell’Altro. E, di conseguenza, comprensione del Sé. Presa di coscienza del potere del singolo e della sua immaginazione. Di più, forse, dei suoi sogni e desideri.
Magnasciutti, con lo stesso editore, ha pubblicato “Nomi cosi animali” e sta per dare alle stampe “Il richiamo della coperta”, scritto con Susanna Mattiangeli. In uscita anche “Due”, noir a quattro mani con Luca Ralli.
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Il Messaggero