Alla Casina dei Vallati di Roma “Dalla Terraferma alla Terra Promessa: Aliya Bet dall’Italia a Israele, 1945-1948”

Migranti sulla nave Dov Hoz a La Spezia, maggio 1946
Dopo  il successo ottenuto presso il Museo Muza – Eretz Israel di Tel Aviv, la Casina dei Vallati ospita la mostra “Dalla Terraferma alla Terra Promessa: Aliya...

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Dopo  il successo ottenuto presso il Museo Muza – Eretz Israel di Tel Aviv, la Casina dei Vallati ospita la mostra “Dalla Terraferma alla Terra Promessa: Aliya Bet dall’Italia a Israele, 1945-1948”. L‘esposizione, voluta dalla Fondazione Museo della Shoah e curata da Rachel Bonfil e Fiammetta Martegani, racconta attraverso settanta fotografie la storia dei profughi sopravvissuti alla Shoah che, dopo aver attraversato l’Europa tra il 1945 e il 1948, partirono dall’Italia per la Terra Promessa, il nascente Stato d’Israele. Con il termine Aliya si intende il movimento di ritorno (letteralmente “salita”) del popolo ebraico verso la Terra Promessa; Bet indica l’iniziale della parola ebraica bilti-legali, ovvero illegale, come le 34 navi che partirono illegalmente dalle coste italiane portando in salvo in Israele oltre 21.000 sopravvissuti alla catastrofe della Shoah.


La storia raccontata dalla mostra inizia alla fine della seconda guerra mondiale e termina nel 1948, ovvero con la fondazione dello Stato di Israele; non è soltanto una storia israeliana o del popolo ebraico, è anche la storia di tutti gli italiani che nel corso di quegli anni hanno accolto e ospitato i profughi nel territorio italiano, “Porta di Sion” ultimo porto di salvezza prima di raggiungere la tanto agognata meta nell’allora mandato britannico. La mostra racconta la storia di questa complessa macchina: dall’odissea dei profughi nel tentativo di passare il valico delle Alpi innevato all’incontro con la Brigata Ebraica, dall'acquisto delle navi, al loro sostentamento fino ai porti di imbarco, dal viaggio in mare, fino all’arrivo a destinazione, cercando di sfuggire alla vigilanza britannica e rischiando un ulteriore esilio nei campi profughi di Cipro.


Un capitolo della mostra è dedicato anche ai due artefici di questa incredibile impresa: Ada Ascarelli Sereni, che aveva fatto Aliya in Palestina nel 1927 e Yehuda Arazi, entrambi capi del Mossad LeAliyaBet dell’operazione in Italia. Fu grazie alla loro collaborazione e al loro coraggio che nel corso di un triennio vennero portate in salvo 34 navi con oltre 21.000 sopravvissuti. Appositamente per la mostra alla Casina dei Vallati è stata realizzata una sezione dedicata al racconto di quello che successe a Cinecittà, la Hollywood sul Tevere, la fabbrica dei sogni che, negli anni successivi alla guerra, ospitò i profughi in attesa di poter partire per la Terra Promessa.


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Il Messaggero