Maurizio Pollini, gli ottant'anni di una leggenda del pianoforte: «Con la musica, il tempo si ferma»

Maurizio Pollini, gli ottant'anni di una leggenda del pianoforte: «Con la musica, il tempo si ferma»
«Questo giovane suona tecnicamente già meglio di tutti noi», disse compiaciuto Arthur Rubinstein nel 1960, quando Maurizio Pollini, appena diciottenne, vinse il...

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«Questo giovane suona tecnicamente già meglio di tutti noi», disse compiaciuto Arthur Rubinstein nel 1960, quando Maurizio Pollini, appena diciottenne, vinse il premio Chopin a Varsavia. Quell’ex ragazzo di talento - che il 5 gennaio compirà ottant’anni - oggi è entrato nella leggenda, tra i più grandi pianisti di fama internazionale. Un traguardo dovuto certamente alle doti naturali, ma anche a decenni di studio e di durissima disciplina.

 

Oggi il maestro ammette di cominciare a provare una certa fatica: «I pianisti invecchiano, certo - racconta - ma dalla loro hanno un ottimo antidoto, la musica. Suonare ogni giorno per ore e ore fa meglio dell'andare in palestra: tiene sveglio il cervello, agili le mani. Alla tastiera passano i dolori, si dimenticano gli anni. Soli, immersi nella musica, il tempo si ferma. A volte persino va indietro e si torna giovani».

La vita di una leggenda del pianoforte

Maurizio Pollini nasce a Milano il 5 gennaio 1942, figlio dell'architetto razionalista Gino Pollini e della musicista Renata Melotti. «Sono cresciuto in un ambiente di entusiasmo per l’arte in genere - ha raccontato a Simona Antonucci del Messaggero, qualche anno fa - Mio padre suonava il violino, mamma amava cantare, mio zio suonava il pianoforte e considerava la musica una grande fonte d’ispirazione per i suoi lavori. Quello che ricordo bene e con piacere è la presa di posizione nei confronti del moderno: l’amore per il nuovo, sempre».


 

Pollini ha avuto una carriera straordinaria: il perfezionamento con Arturo Benedetti Michelangeli, l’uomo dal tocco magico, uno dei più celebrati pianisti del Novecento; il sodalizio con Claudio Abbado, che inevitabilmente assume i toni dell’impegno politico, quando porta la musica nelle fabbriche negli anni Settanta o prende posizione contro la guerra in Vietnam.

L'impegno politico

«Non avevo la pretesa di fare propaganda politica - spiegò poi al Corriere della Sera - era una semplice protesta contro un efferato episodio di guerra». L’impegno politico di Pollini - il cui cuore batte invariabilmente a sinistra - tuttavia è spesso stato evidente: nel 2011 firmò una petizione firmata da tanti intellettuali come Umberto Eco e Roberto Saviano per chiedere le dimissioni dell’allora premier Silvio Berlusconi. 

In musica, la sua fede nello spartito è enorme, ma con molta modernità nell’interpretazione. Dalla sua versione “romantica” di Bach alla varietà di timbri e di sfaccettature che ha portato in Mozart, Pollini ha sempre cercato di coinvolgere il pubblico nel proprio lavoro: «Bisogna - ha spiegato - imparare a capire il silenzio, le pause, come parte essenziale della musica, se si vuole arrivare a comprendere i contemporanei. Le novità, del resto, hanno sempre spaventato e richiesto un certo tempo per affermarsi: quando Beethoven scrisse l'Eroica, tanti dissero “speriamo che torni a comporre una musica più gentile”. Ma intanto la creazione va avanti». Auguri, maestro.

 

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Il Messaggero