Friends e quel divano dove si è seduta un'intera generazione

Da Friends a Happy Days, passando da Beverly Hills 90210 e Dawson's Creek, così le sit-com entravano nella vita delle persone

Friends e quel divano dove si è seduta un'intera generazione
Per alcuni era il divano arancione del Central Perk, come quello che nel 2019, per i 25 anni dalla messa in onda di Friends, ha fatto un tour mondiale sbarcando anche a Roma e...

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Per alcuni era il divano arancione del Central Perk, come quello che nel 2019, per i 25 anni dalla messa in onda di Friends, ha fatto un tour mondiale sbarcando anche a Roma e creando file chilometriche di persone in cerca di uno scatto da mettere sui social. Per altri, con qualche anno in più, erano i tavoli dell'Arnold's, attorno ai quali Fonzie, in Happy Days, cercava di abbordare le ragazze. Luoghi inesistenti ma in realtà presenti in ogni città, luoghi familiari dove nessuno è mai entrato ma dove generazioni intere di ragazzi si davano appuntamento ogni giorno. Perché Friends, come Happy Days, Beverly Hills 90210 o Dawson's Creek, a seconda dei decenni, è stata ben più di una sit-com, ma un vero prolungamento delle vite di milioni adolescenti o di giovani adulti, anche dall'altra parte dell'oceano.

Le sit-com, prima che lo streaming e l'on-demand prendessero il sopravvento (anche se ancora oggi Friends spopola su Netflix), erano pensate e strutturate per entrare nella quotidianità: andavano in onda tutti i giorni, sempre allo stesso orario, le ambientazioni erano sempre quelle, riconoscibili, e quegli amici che scherzavano, si innamoravano, litigavano, si perdevano e si ritrovavano ricalcavano ciò che accadeva a chi era dall'altra parte dello schermo. Che fosse la piovosa New York di Friends o la soleggiata Capeside di Dawson's Creek poco importava, perché Roma o Milano o una qualsiasi cittadina di provincia, per chi era davanti alla tv, funzionavano allo stesso modo. L'ironico Chandler, l'ambiziosa Rachel, lo stralunato Joey, l'intelligente Ross, la sensibile Monica e l'estrosa Phoebe erano anche nostri amici, aspetti diversi ma presenti in ogni gruppo di giovani vogliosi di scoprire il futuro e affamati di vita.

A volte modelli, altre volte semplici compagni, ignari testimoni di milioni di storie parallele che al di là dello schermo diventavano reali, di amicizie e di amori, di sogni e di delusioni, di risate e di lacrime. Di amiche che mangiano gelato sul divano per dimenticare lo stronzo che le ha fatte soffrire, di amici imbranati che tra una birra e una battuta cercano di risolvere l'ennesima situazione problematica.

Le sigle di quelle fiction diventavano le colonne sonore dei pomeriggi passati a chiacchierare e a commentare l'ultima puntata, e non è un caso se vent'anni più tardi il ritornello di “I'll be there for you” dei The Rembrandts, che faceva da sottofondo agli episodi di Friends, sarebbe stato fatto risuonare alle feste di matrimonio. Ogni gruppo aveva il suo Ross e la sua Rachel, che sembravano amarsi da sempre ma non riuscivano a mettersi insieme. Ogni gruppo aveva un Chandler, che con l'ironia cinica mascherava la sensibilità, e che sembrava che comunque ce l'avrebbe fatta, avrebbe vinto lui, ma poi invece no, perché la vita va diversamente. Perché la vita non è una sit-com, ma a volte le assomiglia tanto.

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Il Messaggero