Matisse nel segno del colore, con 133 opere a Ferrara

Matisse nel segno del colore, con 133 opere a Ferrara
L’artista che parlava con i colori e a un certo punto, ormai anziano, si mette a disegnare con le forbici; il capostipite del contemporaneo, che già nel 1904 spiegava:...

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L’artista che parlava con i colori e a un certo punto, ormai anziano, si mette a disegnare con le forbici; il capostipite del contemporaneo, che già nel 1904 spiegava: «Ciò che mi interessa di più non è né la natura morta, né il paesaggio: è la figura umana; solo lei mi consente di esprimere meglio il mio sentimento, quasi religioso, della vita». Ecco chi era Henri Émile Benoît Matisse (1869 - 1954), e per conoscerlo davvero, bisogna venire a Ferrara. Perché la città della metafisica, a Palazzo dei Diamanti fino al 15 giugno, gli dedica una mostra di 133 opere: La figura, la forza della linea, l’emozione del colore, con prestiti, anche assai rari, da tutto il mondo. Se ne può percorrere tutto l’iter pittorico: dalle prime prove, alle ultime, essenzialissime creazioni; c’è la medesima modella disegnata, ritratta, scolpita nel bronzo; ci sono tutto il fascino dei suoi nudi, e l’eleganza dei suoi arabeschi, su pareti totalmente imbiancate: perché tanto, al colore ci pensa lui, con quello di ogni sua opera. C’è il pittore che, con il tempo, sperimenta stili nuovi, e lascia ogni retaggio; il genio che cambia il corso del Novecento.


Ecco la stagione ancora accademica, ed eterna i suoi cari; il periodo fauve; le Ninfe ed i Fauni; i Nudi distesi; le Odalische; i Temi e le variazioni; la luce dell’atelier a Nizza; le sue infinite tecniche. Quando è costretto da un’operazione a lunghe immobilità, ritrae il soggetto dal vero con un carboncino (il Tema), e poi, a memoria, se lo ricompone (le Variazioni) in decine di disegni diversi. A una delle sue modelle, Henriette Darricarrère, chiederà lunghissime ed estenuanti pose per un Nudo seduto, in una postura abbastanza innaturale; era già stata la Donna che si riposa, tante Odalische, la Ragazza in giardino; ma al termine di tutte queste giornate per il Nudo seduto, sono esausti entrambi, e non si vedranno più: siamo a Nizza, è la fine degli Anni Venti, e lei, con il suo seno perfetto, è stata un decennio di un corpo nudo declinato in tutte le possibili posizioni.

LA VOCAZIONE

Matisse inizia tardi con la sua arte: i suoi lo volevano avvocato, e studia per questo. Appena a 21 anni, pur non approvato, comincia; qualcuno dice che gli fu fatale la convalescenza dall’operazione di appendicite: ha tempo, e scopre «una sorta di paradiso» con i pennelli. I primi critici lo dicono «un selvaggio raffinato», però, per Apollinaire, «la sua arte si è fatta più spoglia e, nonostante la semplicità sempre maggiore, è divenuta più ricca»; Aragon predicava che «nelle sue mani, le cose più povere e insignificanti diventano oggetti di vero lusso»; ed egli stesso spiegava: «Le mie curve non sono pazze, i miei colori non sono ebbri». Curve e colori, a Ferrara si leggono (e ammirano) tutti. C’è anche un unico costume di scena, una delle prefiche nel Chant du Rossignol di Igor Stravinsky, per i Ballets russes di Sergej Djagilev: è il 1920, e al contrario di altri, Picasso in testa, Matisse non si cimenterà mai più nella contaminazione.

L’ORGANIZZAZIONE

Organizzare una mostra così costa due milioni di euro, è una faccenda assai ardua: da far tremare i polsi. Ne è la curatrice Isabelle Monod-Fontaine, “già numero 2” del Beaubourg, che forse per questo ha concesso ben 11 opere; ma Maria Luisa Pacelli, che dirige la mostra (catalogo Ferrara Arte), dice: «L’Ermitage, con i quadri già di Schukin, in questo periodo non presta; 73 Matisse li ha la Barnes foundation, ma per statuto non li concede; la Tate prepara una mostra sulle gouaches decoupées: ha chiesto di non intralciarla, in cambio ci ha offerto due capolavori». Nonostante questo, sono arrivati grandi disegni, che di solito non si concedono, tanto sono fragili; manca solo un «raro interno di Vence, della Pinacoteca Agnelli, ma non potevamo offrire in cambio nulla di equivalente». Due anni di lavoro per organizzare il tutto; mostra assai bella, e assai difficile: non per il pubblico, ma per chi la crea.


Si conclude con gli ultimi tempi, allestimento abbastanza cronologico: il segno si fa ancora più essenziale; Katia è l’ultima modella: ne resta poco più che il profilo. Tutto un mondo racchiuso in una linea, in un contorno, accanto alle 20 tavole rutilanti per Jazz, tra i più bei libri d’artista che esistano (un facsimile costa 299 euro). Una foto ritrae il patriarca in poltrona, tra i suoi quadri: e fa davvero effetto poterli ammirare nell’ultima sala. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero