Massimo Popolizio incontra Belli: al Teatro Argentina fra i sonetti erotici e filosofici

Massimo Popolizio
Popolizio legge Belli accompagnato da Valerio Magrelli in una serata-evento, lunedì 30 dicembre (ore 21) al Teatro Argentina, tra i versi affilati, cinici, disperati e...

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Popolizio legge Belli accompagnato da Valerio Magrelli in una serata-evento, lunedì 30 dicembre (ore 21) al Teatro Argentina, tra i versi affilati, cinici, disperati e rivoluzionari del cantore della Città eterna più acclamato di tutti i tempi, Gioachino Belli.


La voce del regista e attore Massimo Popolizio ci guiderà fra i Sonetti erotici e filosofici con il commento del docente universitario e critico Valerio Magrelli, per restituire sulla scena la Roma di oggi e di sempre, riscoprendo il celebre spirito di un popolo che appariva al poeta come una “grandiosa macchina parlante”, tutt’uno con la sua città.

Un appuntamento unico e imperdibile tra i versi e le storie dell’universo belliano: l’amore carnale, la morte, il potere corrotto, la celebrazione della città e il sentimento di pietà. «Non casta, non pia talvolta, sebbene devota e superstiziosa, apparirà la materia e la forma: ma il popolo è questo e questo io ricopio»: così scriveva il Belli nell’introduzione ai suoi Sonetti, la ricchissima raccolta in dialetto che ne decretò la fama, testimoniando la lingua e il celebre spirito del popolo romano che gli appariva come una grandiosa macchina parlante, tutt’uno con le piazze e i monumenti della città.

«Io ho deliberato di lasciare un monumento di quello che oggi è la plebe di Roma. In lei sta certo un tipo di originalità: e la sua lingua, i suoi concetti, l’indole, il costume, gli usi, le pratiche, i lumi, la credenza, i pregiudizi, le superstizioni, tutto ciò insomma che la riguarda, ritiene un’impronta che assai per avventura si distingue da qualunque altro carattere di popolo. Né Roma è tale, che la plebe di lei non faccia parte di un gran tutto, di una città cioè di sempre solenne ricordanza».

In questo senso i Sonetti vanno al di là di Roma stessa, diventano una vera e propria materia poetica che fa di Roma il mondo. Niente di pittoresco, i Sonetti sono cattivi, non assolutori, cinici, disperati, rivoluzionari. Il dialetto si trasforma in una vera e propria lingua d’arte senza tempo in grado di fare i conti con la modernità e dirci qualcosa di nuovo sul nostro presente.


Così Popolizio restituisce alla scena i versi che il Belli stesso, cronista severo della sua epoca, immaginava destinati all’ascolto ancor più che alla lettura. Sul palco due acute intelligenze al lavoro: quella del mitico poeta, penna arguta e irriverente dell’Ottocento, e quella del grande interprete contemporaneo, che di quella voce si fa strumento e protagonista per accompagnare il pubblico attraverso le strade della Roma di oggi e di sempre.
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Il Messaggero