C’era da aspettarselo. Anche Marilyn Manson, il più estremo dei cattivi del rock, comincia a dare segni di normalizzazione. Anzi, di più: si sta...
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A quanto pare, alla pop star canadese l’accostamento con il maledetto del rock funziona. La maglietta è stata una delle più vendute durante il suo Purpose Tour. E Manson, che deve smarcarsi dalla fama di traviatore di giovani menti - sono arrivati a incolparlo pure di avere provocato indirettamente la strage di Columbine - un minimo di trasformazione non guasta. Ma quando si parla di Manson, non è mai chiaro dove cominci la leggenda e dove inizi invece la realtà. Sarà vero che si è fatto impiantare dei seni finti? Gli animali vengono veramente uccisi (o immolati a divinità degli inferi) durante i suoi show? Anche rileggendo sue vecchie interviste non si capisce mai se ci è o ci fa. A suo dire, può fare l’amore solo al buio e rigorosamente senza sfilarsi mutande.
Sua madre aveva la sindrome di Munchausen, ovvero si fingeva malata per attirare l’attenzione su di sé. La cosa più soprendente - in una catena di abnormi bizzarrie - è la sua passione per gli acquerelli, solo hobby che riesce a calmarlo un po’. Di certo, come dimostra il brevissimo matrimonio con la star del burlesque Dita Von Teese (che non ne vuole sapere di accettare le sue scuse), non dev’essere un marito come gli altri.
Comunque sia, Manson cerca di staccarsi di dosso il clichè della rockstar che incita alla violenza, senza rinunciare ai toni tenebrosi delle sue canzoni martellanti. Così, è lui a lamentarsi del crescente flagello delle armi in America: “We’re killing strangers so we don’t kill the ones that we love”. Cioè facendo notare che preferiamo uccidere estranei, così da non intaccare le persone che amiamo. Sempre che a una rockstar sia permesso amare qualcuno. Bieber o non Bieber, l’imperatore pallido sta ancora cercando la sua vera identità.
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Il Messaggero