«Devo tutto a Giorgio. È la persona che mi ha dato la consapevolezza di cosa vuol dire fare teatro, essere un'attrice. Era un leone che ruggiva»....
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Primo spettacolo, insieme «'Il genio di Damiano Damiani e Raffaele La Capria», in cui Albertazzi, che ne era anche regista, scelse lei, bellissima, per la parte del transessuale Rosy. «Disse perché ero molto donna. Nel cuore - prosegue - dei tanti spettacoli insieme negli anni mi porto la Dannunziana, Il poeta e la cortigiana di Giuseppe Manfridi. E poi l'emozione di tornare insieme in scena lo scorso anno con Borges-Piazzolla. Insegnamenti? Non aveva una tecnica da maestro da insegnare. Era uno che ti provocava, che ti metteva di fronte a te stesso e tirava fuori ciò che avevi dentro. Questo mi rimarrà». Insieme a un rammarico. «Che negli ultimi anni non abbia avuto una 'casa teatrò che meritava. Giorgio non è morto di malattia, ma di stanchezza. Aveva bisogno di un luogo dove potesse continuare a recitare senza dover affrontare quelle lunghe tournée come a 30 anni. Questo lo trovo vergognoso, perché di fronte a un grande artista come lui bisogna avere anche un pò di responsabilità». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero