Storia dell’editoria, quando le collane non sono ornamenti

Luca Ricci
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Bello il viaggio tra le collane editoriali che propone “Storie di uomini e libri” di Gian Carlo Ferretti e Giulia Iannuzzi (minimum fax, pag. 318, 13,00 €). Si va dalle collane ammiraglie come I Coralli di Einaudi o la Biblioteca di Adelphi o la BUR di Rizzoli, alle avventure più sperimentali come la Poesia di Neri Pozza (sarebbe forse il caso di dirlo: l’editore vicentino è stato a lungo sottovalutato) o Romanzi Moderni di Garzanti (con la consulenza di Attilio Bertolucci) o Transeuropa del Lavoro Editoriale (poi diventata marchio indipendente).




Tra le sperimentali, I Gettoni di Elio Vittorini resta la collana più emblematica di un certo modo d’intendere l’editoria di progetto (vale la pena ricordare l’imponente pubblicazione “La storia dei Gettoni”, a cura di Camerano, Crovi e Grasso, 3 tomi indivisibili, Aragno 2007, 110,00 €). Tra il 1951 e il 1958- era l’Italia conformista del boom- Vittorini trovò uno sbocco editoriale ai giovani Cassola, Tobino, Testori, Calvino, Fenoglio. E oggi? Esistono ancora nel nostro paese realtà editoriali che con piglio programmatico si pongano come scopo quello di fare ricerca?



La collana Contromano, edita da Laterza, si è specializzata in volumi di geografia informale, in atipiche guide di città o, per dirla con Franco Arminio (uno degli autori che meglio rappresentano lo spirito dell’iniziativa), in esercizi di paesologia. La responsabile Anna Gialluca riguardo al genius loci che presiede l’operazione, spiega: “Uno sguardo sghembo sulle cose che abbiamo intorno o che ci stanno addosso. Non necessariamente quelle nascoste, spesso è l’evidenza che non riusciamo a vedere più”.



FuoriFormato è una collana dalla storia assai bizzarra. Dal 2006 al 2012 è stata pubblicata da Le Lettere (ospitando tra gli altri Lello Voce, Francesco Pecoraro, Marco Belpoliti), per poi approdare nel 2013 alla casa editrice L’orma. Gli editori passano e le collane restano? Andrea Cortellessa, che ne è sempre stato il curatore, dice: “Essere fuori formato significa sottrarsi ai generi letterari comunemente intesi e smerciati. Riuscire a fare libri incollocabili è un obiettivo ambizioso, ma segue una tradizione molto chiara, l’asse Pasolini, Calvino, Manganelli. Del resto era proprio quest’ultimo ad affermare che rendere difficile il lavoro del tipografo è un’ottima cosa”.



Compagnia Extra, edita da Quodlibet, nasce sotto le cure di Ermanno Cavazzoni e Jean Talon. Annovera stramberie di autori già considerati maestri (Gianni Celati, Daniele Benati, Paolo Nori). Ma non c’è solo la cosiddetta scuola emiliana a tener banco, e scorrendo i titoli ci si può imbattere anche in Perec o Kafka o Chlebnikov. Cavazzoni racconta: “Che siano classici o riscoperte o libri di autori ignoti ai più, cerchiamo dei gioielli. La collana non vuol essere di nicchia, si tratta proprio di gioielli che prima non circolavano come avrebbero dovuto”.



Si diceva che nel secolo scorso le neoavanguardie chiamassero i loro esperimenti romanzi perché avessero un mercato. Oggi che il mercato è sempre meno imparziale, ci stupisce e ci fa piacere possa accadere il contrario: che alcuni editori chiamino i loro romanzi esperimenti.




Twitter: @LuRicci74 Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero