Era uno dei titoli più attesi del concorso, anche perchè il regista è relativamente giovane (40 anni). Si è rivelato una mezza delusione. Un film ambizioso ma sfocato, ricco...
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Eppure siamo su un terreno battuto. Che cosa resta di una persona quando scompare? E se questa persona era una famosa fotografa di guerra (Isabelle Huppert), sempre in giro per il mondo nelle zone di conflitto?
A qualche anno dalla sua scomparsa mai davvero chiarita, il vedovo (Gabriel Byrne) e i loro due figli devono far fronte a una serie di rivelazioni scomode. E forse anche fare ordine nelle loro vite scombinate. Ma il film ci mette troppo a concentrarsi sul vero punto focale del racconto, che è l’anello debole della famiglia (in apparenza), cioè il figlio adolescente. Un teen ager scontroso e fin troppo tipico, tutto computer e videogame, che ha un suo modo molto speciale di elaborare il lutto. Come scopriranno poco a poco il fratello maggiore (Jesse Eisenberg) e forse lui stesso, in un naturale processo di crescita.
Vale la pena ricordare che è uno dei tanti film in inglese girati da un regista non inglese del festival. Sarà banale dirlo, ma è un metodo che non sempre funziona.
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Il Messaggero