Laura Antonelli, quel corpo carico di nostalgia nei tumultuosi anni 70

Laura Antonelli, quel corpo carico di nostalgia nei tumultuosi anni 70
​Parlare di maledizione sarebbe retorico, ma certo è difficile non accostare la morte di Laura Antonelli a quella, incredibilmente vicina nello spazio e nel tempo di Anita...

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​Parlare di maledizione sarebbe retorico, ma certo è difficile non accostare la morte di Laura Antonelli a quella, incredibilmente vicina nello spazio e nel tempo di Anita Ekberg (Rocca di Papa, 11 gennaio). Due bellissime che se ne sono andate in totale solitudine e abbandono. Due miti del grande schermo, nate e cresciute quando il cinema aveva ancora solidamente in pugno il monopolio dell’immaginario, passate dai fasti del divismo alla tristezza dell’autoreclusione e dell’oblìo. Imposto nel caso della Ekberg. Dolorosamente accettato e alla fine quasi invocato invece dalla Antonelli.




ANTONELLI VS. EKBERG

Naturalmente il paragone va preso con cautela. La Ekberg ebbe una carriera internazionale ma assai più breve e crudelmente meno varia di quella dell’attrice italiana. In fondo la vamp svedese restò legata per sempre all’immagine della “Dolce vita” (tanto da replicarla in certo modo in un altro gioiello felliniano, l’episodio di “Boccaccio ’70”), che fu il suo trionfo e la sua croce.



SEXY E TIMIDA

La Antonelli ebbe, almeno fino a un certo punto, maggior fortuna. Quel corpo morbido e senza tempo, privo della benché minima sfumatura di aggressività; quelle forme prorompenti e insieme timide; quel sex appeal irresistibile e insieme quasi dimesso, modesto, provinciale, la consegnavano a un’età e a una concezione del cinema del tutto diverse. La Ekberg era calata nel presente, ne celebrava le speranze, anzi annunciava il futuro o almeno il sogno di un futuro che allora sembrava a portata di mano. Era una dèa pagana venuta ad annunciare il ritorno di un’epoca di abbondanza e libertà.



NOSTALGIA

La Antonelli al contrario incarnava un sentimento ancora sconosciuto ma sempre più diffuso nel cinema degli anni Settanta: la nostalgia. Il rimpianto per epoche perdute, con tutto ciò che si portavano dentro in termini di fantasie regressive. Il profumo di trasgressioni che in quegli anni sembravano tramontate ma confermavano ruoli sempre più violentemente messi in discussione.



FEMMINISMO

Laura Antonelli, sembra incredibile a ripensarci, fu contemporanea degli anni del femminismo e della contestazione. Ma fu proprio questo a fare la sua fortuna. Questo, e una bravura così poco vistosa, ancora una volta, da essere scambiata a lungo per semplice talento naturale.



DISCREZIONE

Mentre l’attrice che dopo aver eccitato il fiuto infallibile di Salvatore Samperi avrebbe conquistato anche Luigi Comencini, Luchino Visconti, Ettore Scola, Mauro Bolognini, senza dimenticare il Dino Risi forse minore ma non per questo meno esigente di film come “Sessomatto” e “Sesso e volentieri”, possedeva un dono raro: la misura. La discrezione. La capacità di restare una nota al di sotto del dovuto, se necessario. In altre parole il dono di accompagnare lo spettatore in quel lavoro di fantasia che è parte fondamentale della visione.



FILM IN COSTUME


Anche in questo era e sapeva essere “antica”, tanto che ripercorrendo oggi la sua lunga filmografia si resta quasi stupiti a vedere quanti film in costume interpretò. Portando un profumo di pulito, di bucato viene voglia di dire, anche nelle commedie più pruriginose. Una qualità davvero unica, che rende ancora più crudele il declino dovuto a uno sciagurato intervento di chirurgia estetica, aberrazione tutta contemporanea. E più acuto il rimpianto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero