L'Anica: «Così l'industria italiana dell'audiovisivo ha reagito al tempo della pandemia»

Matteo Garrone sul set
«I dati sulle produzioni audiovisive italiane pubblicati dalla Dgca del ministero della Cultura, aggiornati agli anni 2019-2020, confermano che, anche in un biennio...

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«I dati sulle produzioni audiovisive italiane pubblicati dalla Dgca del ministero della Cultura, aggiornati agli anni 2019-2020, confermano che, anche in un biennio così diverso, caratterizzato nel 2020 dalla pandemia e dal primo lockdown, il settore ha mostrato una enorme capacità di reazione e resilienza». Lo afferma Benedetto Habib, presidente dell'Unione Produttori dell' Anica.


«La produzione - sottolinea in una lunga e articolata dichiarazione - è ripartita dopo un'interruzione durata solo tre
mesi, grazie allo sforzo che le organizzazioni datoriali e dei lavoratori hanno profuso nella definizione di un protocollo sanitario che consentisse la ripresa già dal luglio 2020. Nel  triennio 2018-2020 l'industria audiovisiva ha avuto la capacità di continuare a garantire un'ampia scelta agli spettatori, incontrandone il gusto, dall'intrattenimento alla qualità».


La conferma, fa notare il presidente dell'Unione Produttori dell' Anica, arriva «anche dalle coproduzioni internazionali, soprattutto con Francia, Spagna e Germania, che sono state 159 e che, malgrado tutto, sono aumentate. I player internazionali investono in Italia e con le imprese italiane, confermando l'affidabilità di questo settore economico che dà lavoro diretto e produce un indotto che arriva a 200.000 persone. L'aumento


della domanda internazionale è molto forte - prosegue - perché i nostri prodotti hanno un buon successo all'estero sia artistico che di pubblico. L'industria italiana ha mostrato di saper intercettare il cambiamento e di produrre nuovi formati narrativi attraverso tutti i linguaggi dell'audiovisivo. Questo rapporto del Mic dovrà costituire la base per definire una strategia capace di consolidare i trend positivi e la qualità del settore e di intervenire dove ce n'è necessità, per rendere questa industria, che racconta l'Italia nel mondo, sempre più competitiva», conclude Benedetto Habib. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero