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«Io non ho paura. Quando dirigo un film vado diretta allo scopo, non mento, non piango. Mi preoccupo semmai che sia tutto credibile». Si chiude con queste parole e una standing ovation il lungo incontro con il pubblico di Jodie Foster, attrice, regista, attivista dei diritti Lgbt, donna tostissima, icona di stile. Poco dopo il 74mo Festival accoglie con tanti applausi il film di François Ozon Tout s’est bien passé (è andato tutto bene), storia di due sorelle che aiutano il padre malato a praticare il sucidio assistito, protagonisti fra dramma e leggerezza Sophie Marceau, André Dussolier, Géraldine Pailhas.
LA SORPRESA
La Palma d’oro alla carriera bene in vista sul tavolo, abbigliamento minimal (camicia bianca, pantaloni neri, niente gioielli), Jodie, 58 anni, si è raccontata in un francese perfetto appreso al Liceo straniero di Los Angeles. E il Festival le fa trovare in prima fila il suo antico professore. «Mi sbatteva sempre all’angolo», esclama l’attrice, felice della sorpresa. Poi regala al pubblico aneddoti, retroscena, riflessioni sulla sua carriera lunga 55 anni, benedetta da 2 Oscar e un quoziente intellettivo fuori dalla norma. «Nel 1976 venni a Cannes con Taxi Driver, il film che vincendo la Palma d’oro avrebbe segnato la mia svolta, ma ero a pezzi», rievoca Jodie, «il mio adorato cagnolino Napoléon era caduto dalle scale e proprio mentre m’imbarcavo per la Francia seppi che era morto: piansi, ma pensai che il mio successo esigeva forse quel sacrificio». Si parla poi di Sotto accusa, il film che nel 1989 le fruttò il primo Oscar per il ruolo della ragazza violentata. «Erano altri tempi, perfino i critici scrissero che il mio personaggio se l’era cercata perché indossava la minigonna. Oggi per fortuna la violenza sulle donne si affronta in modo diverso». A proposito della crescente presenza femminile nel cinema: «Ora è il momento giusto per farsi valere e sentire, le cose sono cambiate anche se in America ci sono più produttrici che registe. Ma la parità salariale non è un tema che mi interessa, ci sono altre battaglie da portare avanti». Secondo Oscar nel 1992 per Il silenzio degli innocenti: «Sul set ero intimidita da Anthony Hopkins che mi confessò a suoa volta di aver avuto paura di me. Ora siamo grandi amici».
IL RISCHIO
Quando ha deciso di fare la regista? «A 16 anni, volevo un lavoro più intellettuale della recitazione.
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Il Messaggero