Un tempo l’arte si andava ad ammirare nei musei e nelle gallerie ma oggi, nell’era in cui le informazioni sono accessibili istantaneamente, ecco che i capolavori dei...
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Basta uno smartphone, un tablet oppure un qualsiasi supporto tecnologico collegato alla rete internet e subito le opere d’arte di cui vogliamo sapere qualcosa oppure che vogliamo semplicemente ammirare per qualche secondo ci appaiono sullo schermo. Ed è così che Jamal Al Bayati, pittore di Baghdad, per uscire fuori dallo spazio e dal tempo per far conoscere la sua arte utilizza anche i social. I suoi quadri lasciano incantati gli utenti del web. Le sue opere ripercorrono il periodo dei Mamelucchi in Egitto. Ispirato da artisti come il pittore e scultore Jean-Léon Gérôme (1824-1904), ma anche all’italiano pittore e acquarellista Ettore Simonetti (1857-1909).
Ma torniamo a Jamal Al Bayati, il pittore iracheno, che passa le giornate a dipingere i minuziosi particolari di quell’epoca riproducendo colori e scene tipiche di quel periodo. Laureato al College of Fine Arts, i suoi quadri sono già venduti prima di essere realizzati nel Golfo arabo. È anche un professore e la sua passione la trasmette ai suoi studenti. «Sono intrappolato in quel periodo, non riesco a farne a meno», spiega. «Sto ridipingendo le opere degli artisti della arte orientale. Ma non riproduco copie esatte. Piuttosto, lo stile, la direzione, i personaggi e il metodo li interpreto a modo mio. Disegno opere orientali come nuove opere». «Quando dipingo è come se vivessi quel periodo, è come guardare i vicoli i mercati dell’Egitto di quel tempo - racconta - respiro quell’aria e riproduco ogni piccolo particolare». «Adoro l’Egitto, lo stile mamelucco». I social media hanno un ruolo molto importante nelle nostre vite oggi e, per quanto riguarda l’arte, se da un lato sono un nuovo spazio a disposizione per artisti, galleristi e istituzioni culturali, dall’altro stanno modificando il nostro rapporto con l’arte. E i quadri di Jamal attirano tutti. Il passato che torna prepotentemente nei giorni nostri. La sua arte ti catapulta in un periodo così particolare e di grande fermento.
Ma riavvolgiamo il nastro per ripercorrerlo quel periodo. La dinastia islamica, il cui nome deriva da quello dei soldati-schiavi (arabo mamlūk) di origine turca e mongola reclutati in Asia centrale, governò Egitto e Siria tra il 1250 e il 1517. Sebbene l’impero dei Mamelucchi includesse l’intera Siria e parte dell’Anatolia sudorientale, così come lo Ḥijāz e parte del Sudan, fu l’Egitto, e il Cairo in particolar modo, ad avere una parte preponderante nella committenza artistica. Al Cairo, capitale dell’impero, risiedeva infatti l’aristocrazia terriera mamelucca - la cui fonte di reddito era costituita dalla iqṭā ῾ una forma feudale basata non sulla diretta proprietà della terra, ma sull’usufrutto delle relative imposizioni fiscali - che controllava tutti gli aspetti della vita urbana. I Mamelucchi, identificandosi con la cultura locale, promossero le istituzioni religiose e lo sviluppo delle arti. Nell’epoca bahrite (1250-1390), includente il regno del celebre sultano Qalāwūn (1279-1290), si determinò una fase di eccezionale fioritura della produzione artistica. Le origini dell’arte mamelucca indubbiamente si collegano ai periodi fatimide e ayyubide (secc. 10°-13°), rispetto ai quali comunque la committenza dei Mamelucchi si caratterizzò per un fervore innovativo che interessò quasi tutti gli ambiti artistici, con la creazione di uno stile peculiare. Allo splendore delle arti in quest’epoca contribuì inoltre l’immigrazione di artisti provenienti da altre regioni del mondo musulmano. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero